SANT’OMERO – Assieme ad altre 125 città dell’olio, Sant’Omero ha ospitato ieri mattina la “Camminata tra gli olivi” con oltre duecento partecipanti a sentire gli organizzatori che avevano preparato tartine di pane e olio, spalmati con salsiccia, o farciti di peperoni fritti ed alici, nonché tocchi di saporito formaggio pecorino. Lo scorso anno non c’era stata tanta affluenza di partecipanti. Quest’anno la calda giornata di un fantastico ottobre ha richiamato gente anche da paesi limitrofi.

Un paio di ragazze indossavano pettorine catarifrangenti con su scritto “Giulianova che cammina”.

La fiumana di persone, dopo l’imbocco del primo sentiero, si è allungata via via con i più veloci in testa  e i più pacati in fondo, a chiudere la fila col passo flemmatico di chi non ha fretta o di chi, prudentemente, non vuole stancarsi. Sono nove i chilometri in programma, misurati alla fine con lo smartwatch. Un ragazzo e una ragazza hanno fatto appena conoscenza, si racconteranno per tutto il percorso i propri segreti, quelli più intimi, quelli che una moglie e un marito non si sono mai raccontati. Una coppia ha con se il passeggino della figlia, ma presto il marito dovrà prendere in braccio la bimba perché la salita è ripida ed è meglio spingere il passeggino vuoto.

Il paesaggio attorno è identico a quello descritto nelle fiabe o nei libri d’avventura per ragazzi, sentieri impervi che attraversano un bosco di antiche querce per sbucare subito dopo su una pianura verde smeraldo. Ghiande grosse come castagne crocchiano sotto le scarpe da trekking, e la domanda del perché nessuno le raccolga più resta senza risposta. Una pinciaia in lontananza richiama il pensiero alle invasioni saracene del XIV secolo, al loro insediamento ed alle prime costruzioni di terra e paglia, tecnica poi diffusasi sotto il regno di Napoli ed il governo di Gioacchino Murat che donò ai contadini terre espropriate alla Chiesa e che non avevano la possibilità di costruirsi una casa in mattoni. Molte di queste costruzioni restano in piedi ancora oggi, benché malandate, sul territorio santomerese.

Finalmente arriva la discesa, dopo un tratto di pianura, sulla destra qualcuno ci indica l’ulivo secolare dell’Azienda Di Emidio, si parla di quattrocento e più anni, e, in fondo, l’antico agglomerato di costruzioni che ospitano, in un fondaco buio, l’antico frantoio del 1830 come riporta una tabella affissa presso l’ingresso: sulla sinistra la grossa macina in pietra mossa probabilmente da animali da tiro per macinare le olive, sulla destra il torchio dove venivano pressate le ceste cariche di sansa, nel mezzo la vasca dove si raccoglieva l’olio che veniva poi recuperato con l’uso di secchi. Oggi i frantoi sono centri automatizzati dove il lavoro manuale è stato molto ridotto, e dove la qualità del prodotto finale è certamente più curata. L’olio prodotto nelle nostre zone è tra i migliori del mercato, lo dimostra il fatto che la richiesta è sempre superiore all’offerta. Solo un rammarico, oggi che la comunicazione è tutto, sono ancora troppo poche le etichette che reclamizzano l’olio Pretuziano delle Colline Teramane, unico per caratteristiche geografiche e varietà di olive e, soprattutto, per quel sapore amabile, delicato, che lo fa apprezzare da sempre.

Pasquale Felix