ROMA – Nel 2018 i ticket sanitari sono costati ai cittadini 3 miliardi di euro ma, ad oggi, si registrano forti differenze sul territorio con una vera e propria “giungla dei ticket” nelle diverse Regioni.  In attesa della riforma del sistema annunciata dal ministro della Salute Roberto Speranza, e che punterà ad un importo differenziato dei ticket sulla base del reddito, attualmente le differenze regionali, come emerge dal recente Rapporto Gimbe 2019, riguardano sia le prestazioni su cui vengono applicati i ticket (farmaci, prestazioni specialistiche, pronto soccorso, etc.) sia gli importi che i cittadini devono corrispondere, sia le regole per le esenzioni. Complessivamente, la compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini nel 2018 sfiora dunque i 3 miliardi: le Regioni hanno cioè incassato per i ticket 2.968 mln (49,1 euro pro-capite), di cui 1.608 mln (26,6 euro pro-capite) relativi ai farmaci e 1.359 mln (22,5 euro pro-capite) per le prestazioni ambulatoriali, incluse quelle di Pronto soccorso. Notevoli le differenze regionali: il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla da 88 euro in Valle d’Aosta a 33,7 euro in Sardegna; la quota pro-capite è di 61 euro in Veneto e Umbria, 58 a Bolzano e Trento, 56 in Liguria, 55 in Toscana e Emilia Romagna, 53 in Abruzzo e Friuli V.G., 52 in Basilicata, 48 in Lombardia, 47 nelle Marche, 46 nel Lazio, 45 in Molise, Puglia e Campania, 42 in Piemonte, 41 in Sicilia e Calabria. Per i farmaci l’importo varia da 36,2 euro in Campania a 16 euro in Piemonte, mentre per le prestazioni specialistiche si passa da 64,2 euro in Valle d’Aosta a 8,5 euro in Sicilia. La spesa per ticket è cresciuta nel 2018 del 2,6% rispetto al 2017. Quanto ai Super-ticket introdotti nel 2011, una ‘tassa’ di 10 euro sulle ricette di diagnostica e visite specialistiche ambulatoriali applicata integralmente da nove Regioni – e che Speranza ha dichiarato di voler abolire – hanno garantito entrate pari a circa 800 milioni di euro nel 2018, creando però, afferma il Codacons, “pesanti disparità tra cittadini”. In questo quadro estremamente variegato, un caso particolare è, ad esempio, quello dei pazienti oncologici: i malati di cancro in Italia sono circa 3.300.000, di cui quasi 700 mila in trattamento. Per loro, rileva la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia Favo, il Servizio sanitario nazionale spende circa il 14% della spesa sanitaria complessiva, una quota pari a 16 miliardi di euro nel 2018. Ma “nonostante l’innegabile impegno del sistema pubblico – evidenzia la Favo – il malato di cancro è chiamato spesso a mettere mano al portafoglio per sopperire ad una serie di esigenze sia di tipo medico che assistenziale, evidentemente non del tutto compensate dall’assistenza pubblica”. Come ad esempio la necessità di effettuare accertamenti al di fuori del Ssn a causa delle lunghe liste d’attesa. Quanto alle singole spese, il 57,5% dei malati (corrispondenti a circa 1,9 milioni) ha speso per visite ed accertamenti diagnostici in media 406 euro l’anno (156,4 euro per prestazione, per una media di 2,6 prestazioni in un anno) e il 39,3% (pari a circa 1,3 mln) ha speso per trasporti in media 797,5 euro in un anno – ANSA –