Apertura del nuovo anno scolastico senza novità di rilievo nel campo dell’edilizia scolastica teramana, ed abruzzese in generale.
Nel cratere sismico aquilano (2009), dopo 10 anni dal disastroso terremoto, non una scuola nuova è stata realizzata, e generazioni di studenti hanno iniziato, e concluso, il loro ciclo scolastico dell’obbligo all’interno dei moduli ad uso scolastico provvisorio (MUSP), per i quali la definizione “provvisorio” sembra, sempre più, una presa in giro.
Nel teramano, a parte alcuni esempi virtuosi relativi a nuove realizzazioni (vedasi le due scuole nuove, innovative anche per estetica e spazi, di Crognaleto; la ristrutturata scuola di Tossicia; la nuova scuola di Petriccione di Castellalto) e diverse opere di adeguamento e miglioramento sismico (le due cose, però, non sono sinonimi: adeguamento vuol dire rendere una struttura esistente adeguata alle normative vigenti, miglioramento significa aumentare la sicurezza, restando, però, sempre sotto le soglie minime di legge), la sostituzione dell’obsoleto patrimonio edilizio scolastico sembra dover attendere tempi lunghi, anche lunghissimi. Eppure gli indici di vulnerabilità sismica ci dicono che quasi nessuna scuola è sicura.
Lo ha ammesso anche il primo cittadino del Capoluogo, che si è scusato dei ritardi, annunciando, però, che per quando riguarda la didattica, Teramo seguirà l’esempio finlandese.
Ma come funziona il sistema finlandese, da molti definito uno dei sistemi scolastici migliori del mondo?
I bambini finlandesi iniziano la scuola dell’obblico all’età di sette anni per una durata di nove anni. A circa 16 anni possono quindi decidere se proseguire negli studi oppure no. Se decidono di farlo hanno due opzioni: il liceo, che prepara agli studi accademici, e la scuola professionale, che offre delle competenze in un certo mestiere e dà la possibilità di continuare con la scuola universitaria professionale.
In questo modo in Finlandia la media dei laureati è cresciuta fino al 45% mentre l’Italia con la media nazionale di laureati del 22,4% è la più bassa in Europa (dati Eurostat 2013), mentre l’Europa punta al 40% di laureati entro il 2020.
Il sistema universitario finlandese comprende 16 università e 24 scuole universitarie professionali: in tutto 40 università che ogni anno offrono ai neodiplomati la possibilità di studiare gratuitamente.
Prima del ciclo della scuola dell’obbligo i genitori possono scegliere liberamente se far frequentare ai propri figli la “esikoulu”, in cui i bambini e le bambine di sei anni trascorrono un anno prima dell’inizio della scuola elementare. Qui metà della giornata è impiegata in attività di tipo scolastico mentre nell’altra metà si svolgono le attività tipiche di un asilo. Fino ai sei anni la maggior parte dei bambini finlandesi frequenta la scuola materna, gli altri restano a casa con la famiglia.
A differenza dell’Italia e di molti altri Paesi, in Finlandia non esistono scuole private. Tutte le scuole dell’obbligo sono pubbliche, il che rende il sistema molto uniforme. In Finlandia tutti i bambini frequentano le stesse scuole a prescindere dallo stipendio o dal livello di istruzione dei genitori. Tutti i bambini sono nella stessa scuola e nessuno può scegliere una scuola diversa per i propri figli; non esistono nemmeno scuole speciali per bambini con particolare talento o con difficoltà particolari.
La scuola Finlandese può essere definita la scuola della domanda. Si privilegia la capacità, infatti, di fare domande a quella di dare risposte pre-confezionate. L’ascolto e l’osservazione del docente prevale sul suo intervento diretto. Si impara facendo e fino a 13 anni non ci sono voti.
Questo tipo di sistema è reso possibile in primis dal fatto che tutti gli insegnanti ricevono un’ottima formazione: tutti devono avere una formazione universitaria, anche chi lavora nelle scuole materne. A partire dalla prima classe della scuola elementare la qualifica minima per insegnare è la laurea magistrale in teacher training. È quindi fondamentale che chi lavora a contatto coi minori abbia un’ottima e solida educazione. La selezione per chi vuole intraprendere la carriera docente è elevata: molte persone vogliono iscriversi ai corsi di laurea per diventare insegnanti (circa 6000 matricole l’anno) ma soltanto il 10% ottiene il posto.
Naturalmente un docente così qualificato viene anche adeguatamente retribuito, con un redditi che va da un minimo di 32.000 euro per gli insegnanti di scuola primaria ad un massimo di 49.000 euro per gli insegnanti di scuola secondaria di secondo grado (a fronte di un PIL pro capite medio di circa 38.000 euro). In Italia, con un PIL pro capite medio di 32.000 euro gli insegnanti prendono da un minimo di 19.000 euro ad un massimo di 33.000 euro.
In Finlandia le scuole sono organizzate in modo che i ragazzi con disabilità o con bisogni speciali vengano inclusi in tutte le attività. Hanno classi dedicate e super attrezzate, all’interno delle scuole comuni, con docenti ed educatori dedicati a sviluppare programmi personalizzati, ma al contempo lavorano con i compagni in alcune discipline e a turno i questi ultimi lavorano con loro. L’insegnamento di sostegno in Finlandia è unico al mondo perché si basa sul riconoscimento delle reali difficoltà di apprendimento, sulla loro evoluzione e prevenzione piuttosto che sulle cause mediche. È affiancato da psicologi, medici, consulenti, assistenti sociali e altre figure.
A livello didattico il concetto di classe è superato da tempo e si lavora per gruppi e sottogruppi di apprendimento dove ogni studente può trovare ciò di cui ha più bisogno: un approfondimento, un recupero o lo sviluppo di un particolare talento. Questo sistema favorisce l’inclusione e lo sviluppo delle competenze sociali.
ll focus è centrato sullo studente e sulle relazioni: si dà più importanza alla responsabilità e alla fiducia che alle verifiche o agli esami.
Naturalmente, come per ogni sistema umano, ci sono luci ed ombre.
Nel 2011, il 21 aprile, il giornale Il Foglio pubblicava un articolo a firma dello storico della scienza, Giorgio Israel (scomparso nel 2015), riportato poi sul blog dello stesso autore, dal titolo “ Il bluff della matematica finlandese (e quel che si insegna sui test)“. Pur entrando solo nel merito della materia, l’articolo è stato una critica severa ai limiti a cui porterebbe questo tipo di insegnamento.
Giorgio Israel condannava l’impostazione della didattica finlandese per la matematica, perché la riteneva finalizzata alla buona riuscita dei test (in particolare quelli Ocse-Pisa) e non alla capacità di valutazione dello studente. E’ come se si insegnasse a ragionare con la logica di una calcolatrice, anziché usare la calcolatrice come ausilio al ragionamento.
In un passaggio del suo articolo, Israel precisava: “ Sintetizziamo rapidamente le caratteristiche dell’“oggetto didattico” detto “matematica” che queste riforme hanno man mano costruito. In primo luogo, non si fanno quasi più dimostrazioni. L’insegnante si limita a trasmettere i risultati come manuali d’istruzioni senza proporne quasi mai la prova logica. È superfluo dire che questa scelta, oltre a produrre un tipo di insegnamento nozionistico – che soltanto un estremo semplicismo rende accettabile – atrofizza le capacità logico-deduttive dello studente. Inoltre, insegnare la matematica senza dimostrazione è come pretendere di addestrare uno scultore senza mai mettergli in mano uno scalpello. In secondo luogo, la geometria è quasi sparita dall’insegnamento, il che non stupisce perché la geometria senza dimostrazioni non ha senso. Questa sparizione produce un’altra conseguenza molto negativa: l’atrofizzazione delle capacità di intuizione spaziale che sono stimolate in modo decisivo dal pensiero geometrico“.
A questa riflessione se ne aggiunge un’altra elaborata da Olli Martio dell’University of Helsinki, Marticulation Board in Finland, secondo il quale il modello di insegnamento della matematica in Finlandia potrebbe produrre effetti inattesi.
In un pdf riassume tutta una serie di cambiamenti avvenuti in Finlandia nell’insegnamento della matematica, che avrebbe portato gli studenti ad avere un calo di rendimento addirittura nelle operazioni più semplici. Nella conclusione, Olli Martio richiama l’attenzione sul fatto che: l’uso del calcolatore avviene in maniera errata con alcuni effetti che potrebbero essere disastrosi; la struttura didattica in uso in Finlandia non fa acquisire le abilità di cui si ha bisogno in futuro; il concetto del “ problem solving“, cioè la capacità di saper trovare una soluzione a qualsiasi problema, è stato stressato oltremodo sin dal momento in cui non era più in grado di rispondere alle necessità della società attuale.
Anche tornando sulle questioni più generali, va considerato il contesto paese in cui si inserisce il modello di insegnamento finlandese fortemente ispirato al raggiungimento dell’uguaglianza e dell’eccellenza. Inoltre paragonare un sistema scolastico di un paese di 5 milioni di abitanti a quello di un paese con 60 milioni di abitanti di cui molti immigrati con culture e retro-culture diverse non è facile.
L’Italia è senza dubbio un paese più complesso e anche il sistema scolastico si trova ad affrontare problematiche diverse che in Finlandia neanche immaginano.
Il sistema finlandese quindi, può essere utilizzato per ciò che si può adattare alla nostra realtà, non dimenticando le eccellenze che, fino a qualche anno fa, l’esperienza didattica italiana.
Quello che risulta evidente. è l’investimento del governo finlandese sul capitale umano e sulle risorse materiali. L’investimento in capitale umano si traduce nella quantità e qualità dei docenti a disposizione degli studenti: il sostegno che offrono per il recupero delle carenze è determinante per il raggiungimento dei risultati. Tutto è basato su un finanziamento pubblico delle scuole degno di tale nome; esiste un monitoraggio costante degli studenti e, per i ragazzi che vivono nelle campagne, è previsto un sistema di trasporto pubblico gratuito.
In più gli insegnanti godono di molta libertà didattica e organizzativa, cosa che in Italia è garantita sulla carta, ma poi difficile da realizzare.
In Italia i govenri degli ultimi anni non hanno fatto passi sensibili per cambiare questa situazione. Tutto si basa sulle carenze di finanziamenti per la scuola, che risulta sempre penalizzata rispetto ad altri settori; in più ogni nuovo Ministro mette in campo la “sua” riforma del sistema scolastico, spesso senza basi pedagogiche e didattiche.
Per quanto riguarda, poi, la spesa nelle strutture scolastiche, nei laboratori, nel materiale tecnologico, mentre le scuole finlandesi offrono spazi comuni di convivenza, mense e laboratori, in Italia molti istituti hanno gravi danni strutturali e necessitano di robuste ristrutturazioni.
E non bastano le “buone scuole”, “scuole belle”, “scuole sicure”, e i proclami di stanziamenti, sempre largamente inadeguati, per la messa in sicurezza, non solo sismica, dell’immenso patrimonio edilizio scolastico italiano. Serve un piano nazionale serio, che privilegi le strutture scolastiche rispetto ad altre opere, sicuramente altrettanto strategiche, ma di certo meno urgenti.
Altrimenti, tra qualche mese, potremmo ritrovarci, di nuovo, a piangere altri morti sotto le macerie dell’ennesima scuola crollata per un sisma o per un difetto strutturale. E questo, francamente, di finlandese ha ben poco.