Lo slogan “Teramo città del pedone della bicicletta”, coniato anni fa e mai, effettivamente, messo in pratica, torna, alla vigilia delle ferie di agosto, alla ribalta anche in virtù di un protocollo di intesa tra Comune, Università di Teramo e Azienda per il Diritto agli Studi Universitari, ottimisticamente, ma erroneamente, presentato come “Urban Center”.

Purtroppo, in questa città, come in molte altre, la visione della mobilità viene affrontata, sempre e comunque, in maniera settoriale, cercando di risolvere un singolo problema alla volta, senza mai avere una visione completa della questione.

Eppure decenni di studi di settore dovrebbero insegnare che occorre pianificare la mobilità, congiuntamente allo sviluppo urbanistico di un territorio, tenendo conto non solo del traffico veicolare, ma anche delle componenti pedonali e ciclistiche e dell’influenza reciproca tra le idee di espansione edilizia e quelle di collegamento infrastrutturale tra le varie zone di un territorio.

Liquidare, ad esempio, la problematica del collegamento centro urbano/polo universitario ad una sorta di referendum tra i cittadini, seppure rivolto anche a portatori di interesse “privilegiati” quali tecnici o Ordini professionali, è alquanto riduttivo, dato che il polo universitario sorge in adiacenza ad un quartiere, tra l’altro in pieno svilluppo (Colleparco), che ha sue specifiche esigenze di collegamento, e considerato che i flussi da e verso l’ateneo non provengono/conducono da e verso il centro storico, ma vedono l’afflusso di persone dalla stazione ferroviaria, dall’autostazione dei bus, dal traffico veicolare proveniente dalla costa e dall’entroterra.

Rispolverare il progetto della funivia, senza un serio studio che tenga conto dell’utenza potenziale, dei picchi di utilizzo (massimi e minimi), dei costi di gestione, è puro esercizio concettuale o semplice follia, dato che si parla di spendere milioni di euro per la realizzazione di una infrastruttura che, per il suo utilizzo, richiederà investimenti annui di altrettante centinaia di migliaia di euro.

Quindi la funivia, o un qualsiasi collegamento meccanizzato, sono inutili? Ovviamente non ho la risposta, perchè, da tecnico, dovrei basarla su dati che, al momento, non esistono.

Quanto sopra, a chi si interessa professionalmente di mobilità, sembrerà un’ovvietà ma, purtroppo, alla massa, abituata ad essere coinvolta in decisioni in base a stati d’animo o campagne mediatiche, a volte faziose, molto sfugge, in quanto, spesso, nelle pratiche partecipative nostrane, si viene chiamati ad esprimersi senza un’adeguata conoscenza delle problematiche, dei fenomeni che sono alla base di queste, delle soluzioni tecniche più idonee, anche alternative tra loro.

E così nascono “partiti” del si e del no a prescindere, basati sul sentito dire o sul “secondo me”, senza alcuna valenza scientifica e/o tecnica.

La soluzione? Predisporre, finalmente, il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, che tenga conto di tutte le componenti della mobilità e di tutto il territorio comunale, redatto da tecnici competenti e portato alla condivisione con i cittadini previa una corretta ed adeguata informazione e formazione.

L’alternativa non c’è, a meno che non si voglia procedere per tentativi, cercando di risolvere un problema per, magari, crearne altri cento.

Intanto, riguardo l’università, sarebbe possibile pensare collegamenti pedonali (utilizzabili anche, in parte, in bicicletta), che interessino quartieri come Colleparco. Villa Mosca e Gammarana e non inficino future ulteriori soluzioni (pubblichiamo alcuni schemi esemplificativi); oltre ad intensificare ed implementare corse di autobus urbani che colleghino stazione ferroviaria, centro cittadino e facoltà, magari ipotizzando un biglietto unico bus/treno e orari che permettano coincidenze utili. Ma, forse, sono soluzioni troppo semplici.

P.S. Siamo abituati, passeggiando nei centri commerciali, a percorrere chilometri a piedi, ma ci spaventiamo se dobbiamo spostarci da piazza Garibaldi a Porta Madonna. Riconquistiamo l’uso delle gambe ed usiamole; potremo riscoprire luoghi che l’auto ci ha ormai negato e ne guadagneremo in salute, e a volte anche in tempo.