La lotta ai cambiamenti climatici si fa ogni giorno, nelle azioni quotidiane del singolo cittadino e nell’ordinaria attività amministrativa degli Enti territoriali.
Piangere dopo ogni tragedia climatica, per poi dimenticare ad emergenza passata, di certo non risolve i problemi.
L’ultima ondata di maltempo, con danni notevoli sulle coste italiane, e abruzzesi, in particolare nel pescarese, riporta alla nostra attenzione quello che, per molti (troppi), è una semplice opinione: il cambiamento delle condizioni climatiche dei nostri territori.
Ormai l’emergenza è diventata normalità e, quelli che una volta potevano definirsi “eventi eccezionali”, sono sempre più frequenti e prevedibili. Ondate di caldo, precipitazioni intense (nevose d’inverno e bombe d’acqua d’estate), repentini cambi di temperatura; tutti segnali che dovrebbero mettere in allarme il cittadino comune e coloro che sono deputati alle scelte amministrative, e tecniche.
Invece, a pare qualche provvedimento spot e molta ironia, anche da parte della politica, sulla vericidità di dati che, ormai, la scienza (quella vera), ritiene assodati, si preferisce adottare la “politica dello struzzo”, piangendo a tragedie avvenute e dimenticando, qualche giorno dopo, cause e ricerche di soluzioni.
Infatti quanti amministratori si preoccupano di piantare alberi e manutenere il patrimonio arboreo, aumentando così i depositi di carbonio, contribuendo a migliorare la qualità dell’aria e del microclima urbano, arricchendo la biodiversità teritoriale? E quanti favoriscono il risparmio e il recupero di suolo, favorendo il riuso edilizio, la costituzione di aree verdi, la permeabilità dei suoli, anche attraverso politiche urbanistiche che evitino l’urbanizzazione sparsa? E, ancora, quanti puntano su nuovi modelli di mobilità, favorendo pedonalità e ciclabilità, uso del trasporto pubblico locale e condivisione del mezzo privato?
Quanti amministratori regionali e nazionali promulgano leggi atte a contrastare i cambiamenti climatici, il consumo di suolo, la rigenerazione urbana, il recupero idrogeologico, la qualità delle acque, la tutela di aree ambientalmente fragili?
Di chi è la colpa se si costruisce troppo, e male, spesso in luoghi dove non si dovrebbe? Chi permette che si realizzino impianti nocivi? Chi non favorisce il riciclo dei rifiuti e la riduzione delle materie di scarto?
Insomma, tra i tanti che piangono per gli eventi “eccezionali”, quanti sono, in varia misura, responsabili, diretti o indiretti, del loro accadere?
Naturalmente la “colpa” non è solo di chi ha responsabilità decisionali, ma anche dei singoli cittadini che, pur potendo far poco, possono unire le singole piccole azioni moltiplicandole per milioni di individui, fino a raggiungere risultati importanti.
Attribuire ad “altri” le responsabilità è un’abitudine molto diffusa, ma il tempo che abbiamo a disposizione è ormai in scadenza, o forse è già scaduto.
Non aspettiamo il prossimo uragano, i prossimi chicchi di grandine grandi come palloni o la prossima nevicata “eccezionale”. Svegliamoci, subito… domani potrebbe essere troppo tardi.


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