Teramo non poteva mancare. Dieci anni dopo il terremoto dopo il quale nulla è più stato lo stesso, il sisma che ha cambiato tragicamente le vite degli aquilani, ma che ha segnato anche i teramani nella percezione della paura, della resilienza e nell’idea del futuro, anche la nostra città ha voluto stringersi attorno al capoluogo di regione e ai suoi abitanti, per non dimenticare, per affratellarsi con quella parte di memoria che è anche nelle nostre ferite.
E lo ha fatto con Lectus, con il rito collettivo della lettura ad alta voce che non è solo un’operazione culturale, ma un mezzo attraverso il quale riconnettere la città con se stessa e con i suoi abitanti, per non cedere al rischio di disgregazione sociale conseguente ad eventi così drammatici.
Parole e musiche hanno risuonato a Teramo, nella notte del 6 aprile 2019 in piazza Orsini, sul sagrato del Duomo che ha offerto uno scenario affascinante e solenne, grazie al vescovo Lorenzo Leuzzi che, pur impegnato a L’Aquila nelle commemorazioni del decennale, non ha voluto far mancare la presenza della Diocesi di Teramo in un momento così significativo per la fratellanza con la popolazione ferita.
Teramo non poteva mancare. È la frase non detta, ma presente tra il pubblico e i lettori che hanno sentito e fortemente voluto testimoniare la loro vicinanza e la loro solidarietà, con le parole dei libri, delle lettere, delle riflessioni e dei ricordi riferiti in qualche modo a quella “maledetta notte” che alle 3.32 di dieci anni fa, in 23 secondi, ha cambiato le vite di tutti noi; con emozione e commozione sì, ma fuori dalla tristezza retorica e da una certa ipocrisia che a volte accompagna certe commemorazioni. I teramani che alla mezzanotte del 6 aprile di dieci anni dopo si sono ritrovati in piazza Orsini volevano esserci, perché hanno sentito la necessità di testimoniare la loro presenza, nonostante il freddo e l’orario insolito.
Hanno voluto esserci i giovani studenti del Liceo Scientifico Delfico di Teramo, con le parole della scrittrice Donatella Di Pietrantonio e quelle della ragazza rimasta 42 ore sotto le macerie, ha voluto esserci l’attrice Serena Mattace Raso con l’intensità della poetessa Mariangela Guantieri in “Io ringraziare desidero” e ha voluto esserci il Rettore dell’Università di Teramo Dino Mastrocola con il testo “Appunti tra le macerie” del figlio Luca; e poi ancora Ernesto Albanello con un inedito di Enzo Delle Monache ispirato alla “Casa dello studente”, tragico simbolo della devastazione dell’Aquila e il direttore artistico di Lectus Renato Pilogallo e un commovente Mauro Di Girolamo, attore di Spazio Tre, con un brano tratto da “Sulle rovine di noi” di Giovanni D’Alessandro.
E ha voluto esserci anche l’Istituto musicale “Braga”, tra i patrocinanti dell’iniziativa con gli Assessorati alla Pubblica Istruzione e alla Cultura del Comune di Teramo, con il quartetto d’archi Myosotis che insieme ai chitarristi Martin Diaz, Antonio Gambacorta e Fabrizio Medori hanno tradotto l’emozione in musica spaziando tra le note di Bach, Ivan Graziani, Albeniz, Sting e i Led Zeppelin.
La chiusura della lettura/concerto di Lectus a tarda notte, affidata al sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto che non ha voluto far mancare la sua presenza di ritorno dalla fiaccolata a L’Aquila, che nella commozione di tutti ha letto stralci delle lettere che il giornalista Giustino Parisse, da quel 6 aprile 2009, scrive ogni anno ai figli che perse sotto le macerie.
Teramo non poteva mancare. E non è mancata.