La cronaca di questi giorni ci racconta di sanguinosi incidenti, che hanno coinvolto anche bambini e giovanissimi, spezzando vite e distruggendo il futuro di famiglie intere.
Incidenti, vengono definiti, anche se spesso di incidentale niente hanno, visto che guidare ubriachi, drogati, e/o senza alcun rispetto per le norme del codice della strada e del buon senso, e di conseguenza ferire gravemente, o uccidere, qualcuno, di incidentale non ha proprio niente.
Non ha caso nel codice penale è stato introdotto il reato di “omicidio stradale”, anche se la giustizia spesso ha una sorta di malcelato pudore nel definire taluni incidenti quello che in realtà sono: veri e propri crimini.
Anche la stampa, in realtà, esita a definire esattamente la lunga strage che, da anni, interessa le nostre strade: i titoli dei giornali, infatti, parlano quasi sempre di auto impazzita, tragica fatalità, strada assassina, glissando sui veri responsabili, sulle persone che, con il loro comportamento, provocano la tragedia, e spesso se la cavano con poco, sia per la giustizia che per la loro coscienza.
In fondo siamo tutti automobilisti, e chi di noi, magari inconsciamente, non si immedesima con il responsabile dell’ “incidente”? Chi di noi non ha trasgredito alle norme stradali, magari viaggiando più veloce del consentito, o passando con il rosso, o mettendosi alla guida dopo qualche bicchiere di troppo?
E così, in questa Italia autocentrica, la notizia di un bambino di 14 mesi investito con la madre sul marciapiede, da un autista ubriaco, in fuga da un posto di blocco, smuove un po’ le nostre coscienze, così come la morte di un giovane di 25 anni, magari figlio di qualcuno che conosciamo, ci stringe il cuore e ci fa pensare che potevamo essere noi, o un nostro caro, al loro posto. Ma poi ci rimettiamo in auto e dimentichiamo che potremmo essere anche al posto di qualcun altro, di quella persona “normale” che spegne una vita per guadagnare cinque minuti di tempo o per provare l’ebbrezza della velocità.
Ma la follia automobilistica non si ferma solo alla folle mattanza di vite umane che, purtroppo, interessa anche la nostra provincia. La prepotenza di chi si crede padrone dello spazio urbano fa anche si che, giornalmente, si assista allo squallido spettacolo dei parcheggi in doppia fila, sui marciapiedi, in divieto di sosta o negli stalli per disabili, che molti vedono come un privilegio e non come un sacrosanto diritto.
E questo accade vicino a noi, nelle nostre città, nei nostri quartieri, nei parcheggi dei nostri centri commerciali, di fronte al nostro ospedale, dove il mio benessere di normodotato (almeno fisicamente, perchè sul funzionamento dell’apparato neurologico ci sarebbe da discutere), mi impedisce di fare venti metri a piedi, o di pagare 80 centesimi di parcheggio, e mi autorizza ad occupare uno spazio dedicato a chi, in realtà, qualche problema fisico invece ce l’ha, o, addirittura, di bloccare il passaggio delle autoambulanze.
Se è vero che la mamma dei cretini è sempre incinta, e ultimamente sembra sia anche molto più prolifica, oltre alla ferocia del cittadino medio quello che sorprende, spesso, è il silenzio e la connivenza delle istituzioni, che preferiscono chiudere un occhio, o anche entrambi, piuttosto che dare un esemplare esempio punendo l’automobilista imbecille, impartendogli anche una necessaria lezione di civiltà.
La repressione, infatti, in mancanza di educazione, sembra poter fare poco, perchè hai voglia ad inasprire le norme se poi, nella testa del cittadino, i comportamenti di cui sopra, quando lo vedono protagonista (come carnefice e non come vittima), non appaiono poi così gravi. Eppure serve un segnale forte, da subito, magari cominciando a rimuovere le decine di auto in divieto di sosta nell’area dell’ospedale civile di Teramo, con cadenza giornaliera, o ponendo particolare attenzione ai permessi di chi parcheggia negli stalli dei diversamente abili, e ancora installando telecamere e sistemi di controllo in quei tratti stradali dove le infrazioni sono quotidiane, come la bretella di collegamento Teramo Ovest, dove il sorpasso e l’inversione ad U sembrano peccati veniali.
Forse salveremo qualche vita, forse eviteremo qualche tragedia, forse educheremo qualche imbecille, con la consapevolezza che, sulle strade, ce ne saranno sempre troppi.