PESCARA – Nel momento in cui la città impazzisce a causa a causa dell’arrivo dell’onorevole acquazzone e le caditoie presentano tutta la loro incapacità a causa di una manutenzione raccontata ma inesistente, mentre in una struttura non più fuori uso sfila la politica che si autocelebra, c’è una cittadella del recupero e della pena che impazzisce al pari delle caditoie riempite dalla distrazione. San Donato sembra una specie di studentato dove si può verificare tutto l’immaginabile e scavalcare quando si vuole: questa è la ragione per cui la situazione non può essere affrontata soltanto con le iniziative dei salutatori, quando esplode l’emergenza.
Il carcere di Pescara va prima di tutto riprogettato per essere poi delocalizzato, e va colta questa occasione per riorganizzare una pianta organica degna della funzione, una regola organizzativa all’altezza, una catena di comando che deve significare decisioni e responsabilità che permettano a quella città di non impazzire come se fosse una caditoia di acqua piovana che non interessa a nessuno. Ci vogliono spazi non solo di permanenza fisica dei detenuti a vario titolo, ma luoghi dove si realizzano progetti di recupero per ri-incontrare le possibilità della vita fruttuosa. Così leggiamo nelle carte normative e programmatiche volute e deliberate su impulso del Ministero della giustizia. San Donato al massimo è un dimenticatoio, quando non un ammazzatoio, che fa rima con caditoia.
Ci siamo già occupati della vicenda del carcere pescarese nel febbraio di due anni fa, allorché vi effettuammo una visita anche grazie alle segnalazioni dei sindacati di polizia penitenziaria, che ci rappresentarono una situazione di caos totale. A seguito di quella ispezione, il 17 marzo 2023 abbiamo presentato un’interrogazione a risposta orale al Ministro della Giustizia Carlo Nordio per sapere – è scritto nel testo – “quali provvedimenti egli intendesse attuare per far fronte all’emergenza di personale e all’inadeguatezza strutturale della Casa circondariale di Pescara, costantemente colpita da eventi critici ingestibili”. All’epoca vi erano 360 detenuti in una struttura che da regolamento ne dovrebbe contenere al massimo 278, oggi la popolazione carceraria – sebbene diminuita grazie ai recentissimi trasferimenti – supera le 400 unità, mentre il personale in servizio conta 112 agenti che in realtà dovrebbero essere 138.
Effettueremo a breve un altro sopralluogo nel penitenziario di San Donato insieme al senatore Michele Fina e ai consiglieri regionali democratici di Pescara e presenteremo una nuova interrogazione al ministro Nordio. E’ un preciso obbligo della buona politica quello di tenere accesi i riflettori su una struttura in sofferenza. Il carcere di Pescara non è una caditoia dove ciò che si verifica non interessa a nessuno, poiché di lì può partire un messaggio diseducativo per tutta la città: servono personale, organizzazione, tecnologia e una giusta proporzione tra risorse umane impegnate da contratti di lavoro e persone che sono detenute, servono progetti di recupero e anche di ritorno alla normalità. – On. Luciano D’Alfonso –