Prendiamo atto con soddisfazione della riapertura del traforo del Gran Sasso a doppio senso di circolazione, ma resteremo vigili nel caso sia necessario continuare la raccolta firme per la “class action”, ove si pongano in essere ulteriori azioni sconsiderate sulla viabilità che già tanti disagi e costi hanno arrecato in queste settimane a imprese, lavoratori e studenti.  Sono decenni che si svolgono analisi geognostiche e tavoli tecnici, ma non è stata ancora attuata una soluzione soddisfacente perché il senso unico alternato si è rivelato essere un danno ed una beffa.

Ma non si può chiudere la questione con una conferenza stampa. Troppa superficialità, troppa improvvisazione, troppo scaricabarile. La vicenda che si sta sviluppando sui lavori all’acquifero del Gran Sasso sarebbe comica se non fosse tragica: ammesso e non concesso che i lavori servano e siano quelli giusti, il soggetto giuridico che ha previsto un sistema di circolazione a senso unico alternato per tre anni, con il conseguente gravissimo danno per L’Aquila, ha peccato quantomeno di pressapochismo. E’ mancata una ragionevole diligenza, forse sussiste un difetto di conoscenze, forse c’è stata eccessiva prudenza nel non voler attuare il doppio senso di marcia nella stessa galleria, come peraltro si fece per dieci anni dal 1984 al 1993.

Un pressappochismo di contesto generale che dovrebbe far riflettere Pierluigi Caputi, commissario straordinario del Governo per la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso. Il commissario dovrebbe pensare seriamente a dimettersi, considerate pure le importanti ed autorevoli prese di posizioni tecniche sulla effettiva utilità e opportunità di prevedere carotaggi nel delicatissimo equilibrio della pancia del Gran Sasso.

In questi giorni abbiamo assistito alla confusione allo stato puro, ad una agenda in continua evoluzione nella intricata soap opera della messa in sicurezza dell’acquifero, con acque torbide, file chilometriche ed enormi disagi. La vicenda solleva anche inquietanti dubbi sulla vigilanza da parte di chi avrebbe dovuto monitorizzare i cantieri ovvero una sottovalutazione del rischio conseguente alle azioni messe in opera.

Se il commissariamento ha portato a tali risultati, certamente auspichiamo la fine del commissariamento. I cittadini non sono sudditi e non possono tollerare altre puntate della telenovela, vittime inconsapevoli di approssimazione e conflitti di competenza.

Gianni Padovani

Enrico Verini