MONTESILVANO – Per decenni si è ritenuto che le malattie genetiche fossero malattie rare, che colpissero solo i bambini e che fossero incurabili. “Questi falsi miti sono stati smentiti recentemente da una serie di evidenze scientifiche”, segnala il professor Liborio Stuppia, ordinario di genetica medica e rettore dell’Università di Chieti-Pescara. L’occasione è la lettura magistrale “Il buono, il brutto e il cattivo: falsi miti e nuove verita? sulle malattie rare”, che il rettore illustra al congresso SIMMESN di scena a Montesilvano in questi giorni.

“Le malattie genetiche – ha spiegato Stuppia – sono rare singolarmente, ma nell’insieme costituiscono una parte importante della morbilità nella popolazione mondiale, in quanto complessivamente esistono al mondo milioni di individui affetti da queste patologie”. Le malattie genetiche non colpiscono solo i bambini, ma “diverse patologie dell’età adulta hanno una base genetica, e tra queste ricordiamo i tumori ereditari della mammella, dell’ovaio e del colon, le patologie cardiovascolari legate alla ipercolesterolemia, le morti improvvise da alterazioni del ritmo cardiaco, una serie di patologie neurodegenerative”. E ancora tante persone non sanno che molte malattie genetiche “sono oggi curabili, e tra esse il caso più clamoroso è quello dell’Atrofia Muscolo Spinale (Sma): nelle forme più gravi portava a morte i bambini affetti nei primi mesi di vita, mentre oggi è curabile in modo definitivo, se diagnosticata in tempo” attraverso analisi genetiche di screening neonatale.

Dobbiamo quindi entrare in una nuova fase anche culturale? “Assolutamente si, in quanto il concetto di medicina di precisione – riprende Stuppia – passa per la diagnosi molecolare della malattia che permetta di identificare la mutazione genica alla base della sintomatologie e di utilizzare strategie terapeutiche basate sull’identificazione di un target molecolare di efficacia della terapia”. Diventa probabile, in questo quadro, “che il futuro si basi su analisi di screening sempre più allargate che permettano di identificare con largo anticipo la presenza di mutazioni responsabili di patologie che potrebbero manifestarsi anche diversi anni dopo la loro individuazione e quindi prevenirle in tempo, con enormi risparmi anche dal punto di vista della sostenibilità del sistema sanitario nazionale”.