PESCARA – Baci e abbracci, gesti universali che esprimono amore e affetto, all’apparenza spontanei, nascondono però un dettaglio sorprendente: seguono infatti una precisa “preferenza di lato”, e ciò si riflette anche nelle opere d’arte. Un nuovo studio condotto dall’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara e pubblicato sulla rivista Laterality ha scoperto che, esattamente come è stato visto nelle interazioni quotidiane, anche nelle opere d’arte di diverse epoche i baci e gli abbracci riflettono queste preferenze laterali. I ricercatori del Laboratorio di Psicobiologia, coordinati dal professor Luca Tommasi, hanno analizzato circa duecentomila opere d’arte, scoprendo che il 66% dei dipinti di baci romantici mostra che la testa è inclinata verso destra, mentre il 62% degli abbracci verso sinistra.
Questa lateralizzazione ha radici profonde. Il bacio è associato a una inclinazione della testa a destra, legata a una preferenza motoria che si manifesta fin dai primi mesi di vita, quando i neonati mostrano una tendenza a girare la testa più spesso verso destra. Al contrario, gli abbracci mostrano un’inclinazione verso sinistra, probabilmente per il coinvolgimento dell’emisfero destro del cervello, specializzato nell’elaborazione delle emozioni. I ricercatori collegano questo comportamento alla tendenza diffusa di tenere i neonati sul lato sinistro del corpo, una pratica che rafforza il
legame emotivo.
Lo studio evidenzia come queste asimmetrie siano osservabili non solo nei comportamenti quotidiani, ma anche nelle opere d’arte. Capolavori come “Il Bacio” di Hayez o l’abbraccio in “Passionate Lovers VIII” di Corneille mostrano chiaramente queste inclinazioni, confermando che gli artisti hanno catturato dettagli profondi e non verbali della natura umana. Il legame tra arte e scienza emerge chiaramente da questa ricerca, che apre nuovi orizzonti non solo per comprendere la lateralizzazione dei comportamenti affettivi, ma anche per osservare come le rappresentazioni artistiche possano essere influenzate da questi meccanismi. I ricercatori suggeriscono che, oltre alle preferenze estetiche, potrebbe esserci una familiarità inconsapevole da parte degli artisti che ha influenzato la rappresentazione pittorica di questi comportamenti.
Questo studio rappresenta un’interessante connessione tra il mondo dell’arte, della psicologia e delle neuroscienze. Le implicazioni delle scoperte non riguardano solo il passato, ma offrono anche nuove prospettive per comprendere il comportamento umano e la sua rappresentazione artistica.
“Queste scelte artistiche non sono casuali – spiega il professor Luca Tommasi, docente di Neuropsicologia e neuroscienze cognitive della ‘d’Annunzio’ -. Gli artisti, forse inconsapevolmente, hanno rappresentato le stesse tendenze che osserviamo nelle interazioni umane quotidiane, le quali dipendono dalla lateralizzazione funzionale del nostro cervello. Le opere d’arte offrono uno specchio della nostra architettura neuropsicologica, immortalando per sempre comportamenti che molto probabilmente sono stati trasmessi attraverso i geni e potrebbero comportare qualche vantaggio a livello di evoluzione”.