PESCARA – “È un’intransigenza incomprensibile quella del Governo regionale sulla caccia ai cervi. Nonostante l’avversità generata a livello nazionale dal provvedimento che da ottobre consentirà ai cacciatori di predare circa 500 esemplari di uno degli animali simbolo del nostro ambiente naturale, leggiamo che all’esecutivo della polemica non importa ed è determinato ad andare avanti, in barba anche alle oltre 86.000 firme finora collezionate dalla petizione del WWF e alle proteste in arrivo dalla comunità. Per questo urge che approdi in Commissione la proposta di realizzare un’area faunistica nel territorio del Parco del Lavino, a Scafa, capace non solo di rappresentare una seria alternativa alla mattanza, ma di consentire alla Regione di uscire con dignità dalle polemiche che accompagnano oggi la delibera e che esploderanno fra un mese, con il via libera alle doppiette”. Così il consigliere regionale Antonio Di Marco, firmatario di una proposta per evitare la caccia agli esemplari.

“La proposta, da me adottata in una risoluzione che presenterò al Consiglio, arriva dal vicesindaco di Scafa Gianni Chiacchia ed è giusto che lui e  il sindaco Giordano Di Fiore vengano a spiegare come rendere l’idea concreta e possibile, prima che la caccia diventi l’ennesimo motivo di scontro con i territori e l’ennesima brutta figura nazionale per la Regione – argomenta il consigliere Pd – . Parliamo di trasformare allo scopo una zona del Lavino lontana dall’area più frequentata, magari pensando anche di annetterla al Parco della Maiella, concertando con i soggetti competenti obiettivi e finalità. Credo che tale proposta abbia un potenziale altissimo, anche perché può consentire a tanti altri Comuni che ne hanno le condizioni di fare analoga richiesta, con la Regione che fa da regia, per questo l’esecutivo non deve chiudersi a questa possibilità e vagliare i tanti pro e i pochi contro, coinvolgendo anche le associazioni ambientaliste. Non solo riusciremmo in modo umano e rispettoso ad andare oltre l’incredibile consenso dato alla caccia di un animale per noi identitario come il cervo, che per le incursioni nei paesi del parco veicola un’immagine amata della nostra natura e della regione e che deve restare protetto. L’area faunistica lo consentirebbe e il nostro ambiente guadagnerebbe uno spazio dove accogliere e anche controllare il numero di esemplari in esubero, cosa che accadrebbe in modo sostenibile. Va pensata una soluzione diversa dall’uccisione, perché far di venire selvaggina la fauna dei nostri parchi non può essere un obiettivo istituzionale: lo è, invece, agevolare ad esempio progetti per evitare che gli animali cerchino cibo in ambiti agricoli o residenziali, favorire la  messa a disposizione di aree per attuare attività di monitoraggio e controllo delle specie che non ne comportino lo sterminio, promuovendo anche incredibili premialità economiche ai cacciatori, come invece prevede oggi la disciplina. Dobbiamo fare in modo che si arrivi alla revoca di una delibera che non è edificante, non solo perché consente l’abbattimento di animali bellissimi, gli esemplari maestosi e persino i cuccioli, ma anche perché chiede ai cacciatori attività complesse e crude una volta abbattuto l’esemplare. Un ripensamento necessario, perché lo chiede un Abruzzo che riconosce il valore della sua biodiversità ed è capace di sfruttarlo a difesa di tutto il suo ecosistema. È indispensabile dargli credito e voce”.