TERAMO – Un tifoso del Città di Teramo mi invita ad una riflessione, chiedendomi: quanti calciatori della stagione passata erano in campo nell’undici base domenica scorsa contro l’Isernia?

A caldo, senza riflettere, ho risposto: sei o sette. In verità erano tre, appena tre! Cipolletti, D’Egidio ed Esposito. Non facevano parte della rosa passata, infatti, Baumwollspinner, Brugarello (già una garanzia – ndr -), Di Giorgio, Galesio, Loncini, Menna, Pavone e Pietrantonio.

Adesso, per quanto poco attendibile possa essere una gara di agosto anche se ufficiale, emerge con forza un certezza: Marco Pomante riesce a farsi capire. I calciatori lo seguono e riescono a mettere in campo le sue idee quasi immediatamente: perché questa premessa?

A Teramo sono ovviamente transitati una miriade di allenatori; su tutti, citiamo Luigi Del Neri. Lui, con un potenziale tecnico decisamente inferiore alla media dell’allora C2, e non è il caso del Città di Teramo di oggi, riuscì a sciorinare un campionato delle meraviglie lottando per la promozione, poi non conseguita, fino a poche giornate dalla fine. Quella era una squadra che giocava al calcio tenendo palla tantissimo, costruendo da dietro quando erano in pochissimi a farlo e con il comando delle operazioni sempre dalla propria: ottenne consensi non immediati e poi da tutti, risultati e poi valorizzazioni attraverso il gioco. Un solo esempio: Paolo Scotti che da difensore centrale e riserva di Gigi Pierleoni, fu spostato a quinto di sinistra per arrivare fino alle Serie B.

Oggi? Se non ci fosse stato l’intero campionato scorso né la gara ultima di una squadra mandata in campo con otto calciatori nuovi ma con l’identità calcistica di ieri, non ci sbilanceremmo nel dire che, forse, Marco Pomante ha una carriera importante dinanzi a sé.

All’esito del prossimo campionato, la sentenza.