ROSETO DEGLI ABRUZZI – “Come è noto il taglio della Riserva del Borsacchio è stato congelato, i confini ripristinati a 1100 ettari e sono tornate le famose o famigerate norme transitorie di salvaguardia. La Regione ha congelato per evitare la bocciatura in Corte Costituzionale di una operazione svolta senza seguire i parametri delle leggi quadro nazionali”. Così Marco Borgatti, presidente dell’associazione Guide del Borsacchio, che aggiunge: “La Regione apre a un percorso partecipativo per ridiscutere della riserva come le norme prevedono. Ma c’è un aspetto, che nemmeno i detrattori hanno considerato. La Riserva ora è tornata a 1100 ettari con norme transitorie. Le stesse che hanno creato i problemi (non ovviamente all’agricoltura sempre permessa come di consuetudine per stesse definizioni delle norme transitorie) agli interventi abitativi e di sviluppo turistico sostenibile. Ricordiamo che una riserva nasce con tre strumenti: un comitato di gestione (una sorta di arbitro che valuta i singoli interventi in base alle norme), un Piano di Assetto Naturalistico ,(le norme specifiche) ed un Piano di attuazione (le linee guida dello sviluppo ambientale , abitativo e turistico futuro)”.
“In attesa di questi strumenti le norme transitorie bloccano molti aspetti per tutelare l’area. Ora esiste una sola possibilità per chiudere velocemente la situazione – continua l’ambientalista – e sbloccare la zona e dar vita a una vera riserva che sia una opportunità per la natura, per i residenti, agricoltori e turisti. La soluzione è adottare in regione il PAN già pronto a cui manca solo un breve passaggio di pochi giorni per far cadere quei vincoli delle norme transitorie che hanno causato le tensioni e le incomprensioni. Ricordiamo che una riserva creata su basi scientifiche, non ha un parametro di dimensione per essere valutata ma di come viene gestita e di come le norme specifiche creano armonia fra uomini, natura ed economia sostenibile. Senza gestione e regole anche 1 ettaro è troppo, con una buona gestione e buone norme 1000 ettari sono pochi, come sempre succede nei casi virtuosi dove anche chi è fuori riserva chiede di entrare. Ora la Regione apre a un confronto ma quel che, anche i detrattori, non hanno considerato è che se si deve fare un nuovo perimetro, diverso, anche solo di una manciata di terreni, bisogna ripartire con tutto l’iter che è durato quasi vent’anni e i terreni nei precedenti confini rimarranno sotto norme transitorie fino alla nuova riserva. Bisogna rifare gli studi, rifare le norme, consultazioni preventive di enti locali e portatori d’interesse, ingaggiare tecnici, portare norme nella cittadinanza, in consiglio comunale, poi aprire le osservazioni, esaminare, emendare, accettarle o rifiutarle e poi tornare in regione per adozione. Nei casi più virtuosi ci sono voluti dai 7 ai 10 anni, nei casi meno virtuosi, vedi Riserva Borsacchio, quasi 20 anni. In questo periodo fra confini a 1100 ettari e un nuovo eventuale perimetro però rimarrebbero, in tutti i 1100 ettari, le norme transitorie che hanno causato i problemi. Se va bene per altri 10 anni”.
“Ora l’unica soluzione rapida ed efficiente è adottare il PAN con i confini stabiliti per cui il pan controdedotto di tutte le osservazioni è pronto. Basta solo un passaggio in regione di poche settimane per liberare finalmente l’area dai vincoli e dar vita a una riserva vera. Ricordiamo che un PAN è uno strumento che può essere modificato, anzi è già stato fatto con le osservazioni. I portatori di interessi privati hanno lamentato al primo punto l’aumento di cubatura per i casolari storici (circa una decina) che nel pan era di del 15% e chiedevano il 50% di ampliamento. Una osservazione ha ad esempio portato questo limite al 30%. Una quota di compromesso. Un pan può essere variato se ci sono esigenze ed errori, come sempre succede in modi più rapidi che tenere tutto ancora sotto scacco delle norme transitorie. Quindi ora la Regione ed il Comune hanno una sola scelta. Adottare il PAN e dar vita alla riserva con l’impegno delle parti, tutte di sedersi per valutare revisioni future se ci sono criticità. Senza questo perdono tutti. Perde la natura , perdono i residenti e si perdono le opportunità di sviluppo in uno stallo che inevitabilmente durerà, senza questa soluzione, almeno un altro decennio”, conclude Borgatti.