È morto Ryan O’ Neil, il protagonista maschile di Love story, il film con Ali MacGraw, che fu un successo degli anni ’70, diretto dal regista Arthur Hiller, mai più eguagliato. Io e la mia ragazza andammo a vederlo al cinema Olimpia di Ascoli Piceno, ora diventato “Bottega del terzo settore”. Dopo aver pagato il biglietto entrammo scostando le tende d’ingresso, e quella poca luce che filtrò all’interno illuminò gli spettatori dell’ultima fila, tutte coppie di ragazzi e ragazze: queste ultime tutte con le lacrime agli occhi, i fazzoletti in mano per asciugarsele. Anche la mia ragazza pianse. Io dovevo recitare la parte del maschio forte, non piansi. Il film era un bel film, recitato bene dai due protagonisti, anche se la trama appariva banale ai critici dell’epoca. La pubblicità raccontava che lo sceneggiatore Erich Segal avesse scritto la storia in un volumetto mai pubblicato e dimenticato in un cassetto. In realtà Segal, fiutando il successo del film, ne scrisse il racconto in fretta e furia durante le riprese del film. Un film che non parlava di politica, che non portava avanti rivendicazioni di sorta, ma solo una storia d’amore strappalacrime.
Usciva nelle sale, in contemporanea, Soldato Blu del regista Ralph Nelson, un film decisamente di denuncia, come andava di moda in quegli anni, ben accolto dalla critica, con protagonisti di indubbia caratura, Peter Strauss e Candice Bergen, uno spettacolo coinvolgente, di un impatto traumatico, che riempì le sale di tutti i cinema, alla stregua di Love Story.
A me, il ragazzo innamorato della contestazione, sempre alla ricerca di una mera verità, colpì di più il film del regista Ralph Nelson, ma sta di fatto che il suo film è caduto nel dimenticatoio, mentre tutti ricordano quello di Arthur Hiller, un must del cinema internazionale che ha lasciato un segno indelebile nella cultura popolare con uno slogan inattendibile ma adottato e ripetuto da tutti fino alla noia: “Amare significa non dover mai dire mi dispiace”!     (di Pasquale Felix)

 

 

 

 

 

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