TERAMO – Si riaprono le scuole e il traffico cittadino precipita : ingorghi, autobus bloccati e studenti in ritardo. Le cause (e le colpe) sono molteplici: la situazione viaria della città , la conformazione urbana, le scelte sottese ai flussi di traffico e, ovviamente, i cantieri aperti in città che in questo momento creano non pochi disagi. E allora chiediamoci : possibile che i lavori di manutenzione del ponte S. Gabriele debbano protrarsi per oltre 4 mesi? Neanche si stesse costruendo il ponte sullo stretto di Messina! Non c’era un cronoprogramma? Non si poteva fare in modo che il ponte fosse riaperto per l’inizio dell’anno scolastico e porlo come condizione? In una situazione così critica in cui si sovrappongono tutti insieme appassionatamente il cantiere del ponte, quello di piazza Garibaldi, quelli per la manutenzione degli asfalti, le chiusure occasionali di vie del centro per i più svariati e improbabili motivi, occorre forse trovare un nuovo criterio per la circolazione, almeno per quella degli autobus. Per esempio e’ proprio necessario che i suddetti autobus extraurbani vadano in giro per tutta la città, da piazzale S. Francesco a piazza,Garibaldi, ai Tigli a Viale Crucioli ecc? Non sarebbe più razionale localizzarli tutti all’autostazione, o se partiranno i lavori della Tua anche qui pensare ad un altro luogo, come accade in tutte le città del mondo? E poi: non sarebbe forse il caso di programmare in anticipo e in modo razionale l’apertura dei cantieri ,ed il loro cronoprogramma si’ che non si sovrappongano? E ancora: limitatamente al problema del traffico scolastico non si potrebbe studiare una soluzione che eviti la sovrapposizione degli orari di ingresso a scuola, magari scaglionandoli dagli altri orari degli uffici etc?
Ovviamente stiamo parlando di soluzioni di emergenza a situazioni di emergenza, perché il vero problema è proprio questo: la totale assenza di pianificazione e progettazione. Ovviamente ancora più a monte , ab initio, c’è il peccato originale di questa amministrazione: la totale mancanza di un’idea di città, di una visione complessiva e prospettica che stabilisca a quale modello urbano si voglia tendere. Tutto questo non c’è ma, fatto ancora più grave, non se ne percepisce neanche la necessità. E allora non resta che escogitare soluzioni di emergenza per situazioni di emergenza – Berardo Rabbuffo e Arianna Fasulo –