TERAMO – Siamo sempre stati dell’idea che, nel calcio in particolare, un uomo solo al comando renda l’operatività del club molto più funzionale e fluida. Se poi si riesce a contare anche nel supporto di altri soci, rispettosi del budget loro spettante perché condiviso e sottoscritto, allora si raggiunge il massimo dell’operatività gestionale.
E’ il caso del Città di Teramo, che ha un solo imprenditore al comando, Filippo Di Antonio che detiene il 65% delle quote e che è pronto, perché il calcio lo conosce, ad assumersi tutte le responsabilità conseguenti, incluse quelle del suo staff che potrebbero essere invece relative.
E’ il calcio: tutto sarà riconducibile, prima o poi, al Presidente: applausi o non.
La stragrande maggioranza della tifoseria è giustamente convinta che si sia sviluppato un buon lavoro: in due mesi è stato strutturato un club che tale non era in ogni sfaccettatura e che, tra staff e calciatori, ha posto sotto contratto una trentina di “dilettanti” del pallone. Il budget? E’ da considerarsi decisamente importante e superiore, non di poco, alla media del campionato, ma Teramo lo “imponeva” e ad una società nuova di zecca chiedere di più era umanamente impossibile!
Dulcis in fundo o quasi, la grande scelta di riportare la squadra al “Bonolis”, senza aver trovato quell’auspicata condivisione che infatti non ci sarà; è altrettanto vero che il Presidente l’ha solamente ereditata questa situazione, gestendola con suoi criteri diversi dai NO, ma il rispetto vale per tutti. Rimarrà un rebus complesso chissà per quanto tempo ed al quale soltanto la politica, se potrà, dovrà.
In chiusura è bene ricordare che assumerà un’importanza non relativa la gara di esordio in Coppa contro la Curi di domenica prossima, per tanti motivi. Il fine deve tendere esclusivamente ad un sorriso ancora più aperto e non ai primi mugugni: se questo significa “pressione” da parte di un ambiente, è bene che tutti se ne facciano da subito una ragione.