TERAMO – Il 29 marzo si è tenuta una nuova udienza del processo per l’acqua del Gran Sasso dinanzi al Tribunale di Teramo con la conclusione degli interventi dei tre consulenti della Procura, i professori Vincenzo Belgiorno, ingegneria ambientale, Sabino Aquino rilievi idrogeologici, e Domenico Pianese, idrogeologia. Nelle loro relazioni i tre consulenti hanno confermato ciò che l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso denuncia da anni: “L’acquifero del Gran Sasso non è mai stato messo in sicurezza dopo i fatti del 2002”. I consulenti tecnici hanno anche rilevato come sono ancora presenti “rilevanti sostanze chimiche utilizzate e o detenute nel Laboratori dell’INFN non compatibili con le esigenze di tutela prevista per le zone di salvaguardi delle captazioni sotterranee” (virgolettati dalle conclusioni portate in aula il 29 marzo dal Prof. Belgiorno).
Tutto ciò non deve stupire né i cittadini, né soprattutto le varie amministrazioni coinvolte, considerato che più volte il mondo politico-amministrativo locale, regionale e nazionale è stato informato della situazione critica in cui tuttora versa l’intero acquifero del Gran Sasso.
Se il processo deve accertare inadempienze e responsabilità, spetta alla politica garantire la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso. Sono ancora molti, purtroppo, i nodi ed i problemi che devono essere risolti e che richiedono l’attenzione di tutta la politica ad iniziare dal Governo regionale.
La situazione ad oggi – Nel luglio 2022 è stato presentato nella sede della Giunta Regionale, il progetto di fattibilità tecnico-economica, propedeutico alla definizione del progetto definitivo per la messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso, del Commissario Corrado Gisonni, alla presenza del Commissario straordinario per la messa in sicurezza della tratta autostradale, Marco Corsini.
I costi complessivi di messa in sicurezza dell’infrastruttura idrica del Gran Sasso sono stimati in circa 180 milioni di euro. I tempi di lavorazione sono stimabili in 3/4 anni, a seconda del tipo di cantierizzazione che si effettuerà, ma dall’incontro è emerso che complessivamente si sfioreranno i 10 anni, se tutto andrà bene. Nel rispetto della tempistica ipotizzata dal Commissario, per fine 2023 ci dovrebbe essere l’affidamento dei lavori e nel 2024 l’inizio dei lavori. Si punta a realizzare i lavori senza interruzione dei servizi quali erogazione dell’acqua, traffico autostradale e accesso ai Laboratori di Fisica Nucleare.
Esiste quindi il problema della coesistenza di due interventi sotto il traforo: la messa in sicurezza dell’acquifero e la messa in sicurezza sismica della tratta autostradale A24 e A25. Due interventi, due commissari, un unico sito. I due commissari devono necessariamente dialogare per non duplicare gli interventi e ottimizzare i costi (ad esempio l’apertura del manto stradale, interventi sulle volte delle gallerie, etc.), ma è necessario che la politica regionale si faccia parte diligente per garantire confronto e collaborazione fra i due commissari.
Nodo economico – Le risorse stanziate dal Governo nel 2019 ammontano a 120 milioni di euro. Le prime stime sulla base dell’attività progettuale svolta portano a un quadro economico di 180 milioni. Dove e quando si troveranno le risorse mancanti?
Nodo INFN – La rimozione delle sostanze pericolose per l’acquifero, stoccate e utilizzate nei Laboratori dell’INFN, rimane uno dei grossi problemi insoluti. Secondo quanto previsto nella delibera della Giunta Regionale n. 33/2019, tutte le sostanze pericolose stoccate nei Laboratori dell’INFN dovevano essere allontanate entro il 31 dicembre 2020. Finora si è intervenuti solo sull’esperimento Borexino. Con notevole ritardo il 25 luglio 2022 è stato effettuato l’ultimo trasporto dello scintillatore (nafta pesante idrogenata) utilizzato in questo esperimento. Ma l’intervento non è terminato e sta proseguendo con la rimozione dell’acqua ultrapura utilizzata durante l’esperimento e riutilizzata per il lavaggio dei serbatoi in cui era stoccato lo pseudocumene, delle condutture e delle strutture necessarie per l’allontanamento. Ci sono poi altri esperimenti che utilizzano sostanze non compatibili con la presenza di un acquifero, come le 1040 tonn di scintillatore dell’esperimento LVD, per il cui allontanamento non si conosce ancora neppure un cronoprogramma. In pratica si è continuato a far fare all’INFN quello che ha voluto, facendo adeguare tutto il sistema alle esigenze dell’Istituto e non viceversa, come sarebbe più logico e come previsto dagli atti ufficiali.
Nodo prevenzione – Ancora nulla di strutturale è cambiato rispetto ai due incidenti di settembre 2016 e maggio 2017: in caso di incidente si verificherebbe di nuovo quanto accaduto in precedenza. Aver previsto un Protocollo per migliorare le procedure di comunicazione e nuove strumentazioni di misura per l’analisi delle acque era assolutamente necessario, ma ciò non costituisce una soluzione del problema, né un’effettiva prevenzione del rischio. Esiste poi il tema della gestione, anche economica, di un eventuale incidente. Devono essere previsti un fondo economico ed un piano di distribuzione dell’acqua potabile, a carico di INFN, Strada dei Parchi SpA e ANAS, che, in caso di interruzione dell’erogazione di acqua potabile causata da un incidente nelle fasi di esercizio dei Laboratori e delle gallerie autostradali, preveda la distribuzione di acqua potabile nelle province interessate dall’interruzione: non è giusto far gravare sui cittadini un’ulteriore spesa per l’approvvigionamento di un bene primario come l’acqua (che i cittadini già pagano). Infine è bene segnalare che i costi relativi ai sistemi di sicurezza che la Ruzzo Reti SpA ha dovuto affrontare (intorno ai 4 milioni di euro) sono stati spalmati sulle tariffe pagate dai cittadini. Quelle cifre vanno recuperate da parte dello Stato e restituite ai cittadini, utenti della Ruzzo Reti SpA, sotto forma di investimenti per migliorare la rete.
Nodo crisi climatica e perdita dell’acqua – Il cambiamento climatico è una realtà con effetti evidenti sulla portata delle sorgenti delle montagne dell’Appennino centrale. Alcuni comuni della provincia di Teramo per almeno 3 o 4 mesi l’anno devono distribuire acqua potabile attraverso autobotti con gravi disagi per le comunità locali. Va recuperata acqua di grande qualità di cui l’intera comunità teramana viene privata. Risultano indisponibili, da oltre 4 anni, le acque di drenaggio della galleria che ospita i Laboratori INFN (il sistema di attingimento è ancora oggetto di sequestro giudiziario) e si mandano a “scarico” circa 80/100 l/s. Non risultano poi utilizzate le acque dal canale di gronda ENEL “opera di presa Fontenera”, in località Casale San Nicola di Isola del Gran Sasso a causa di fenomeni franosi. Le portate di questi due punti ammontano complessivamente a circa 350 l/s: prima di andare a cercare nuove captazioni è bene impegnarsi nel loro recupero.
Nodo coordinamento – Nel 2019 è stata costituita, presieduta dal Presidente della Regione Abruzzo, una Cabina di coordinamento con compiti di informazione delle popolazioni interessate, coordinamento tra i diversi livelli di governo coinvolti e verifica sullo stato di avanzamento degli interventi di messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso. Governo nazionale e Governo regionale non intesero riconoscere alcun ruolo – neppure come uditori – alle associazioni che per prime avevano denunciato lo stato di crisi del sistema Gran Sasso. L’Osservatorio chiede che tale Cabina vada resa molto più attiva lavorando in particolare sulla comunicazione delle attività.
L’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso è promosso da WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia – GADIT, FIAB, CAI e Italia Nostra – WWF Teramo –