PESCARA – Il Parlamento europeo ha definitivamente approvato, l’accordo sul taglio delle emissioni di CO2 secondo il quale a partire dal 2035, in Europa non si potranno più produrre e commercializzare auto e veicoli commerciali leggeri con motore endotermico (diesel/benzina). “Il settore automobilistico italiano, dominato e condizionato dal sistema FIAT/FCA oggi Stellantis, arriva allo snodo dei veicoli elettrici impreparato, debole e privo di una strategia industriale che tuteli occupazione e tessuto industriale – sostiene l’Unione Sindacale di Base regionale -. Secondo l’Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, l’Italia da qui al 2040 rischia di perdere 73mila posti di lavoro, di cui 67mila già nel 2025-2030. L’indubbia necessità di ridurre l’emissione di CO2, si sta trasformando in una competizione tra big company e i relativi sistemi industriali. Gli USA hanno già stanziato miliardi di dollari per attrarre capitali e produttori nel settore auto, la Cina si sta affermando come paese in grado di ingegnerizzare e produrre l’intero ciclo produttivo dei motori elettrici”.
“Nell’UE i gruppi automobilistici Tedeschi e Francesi, sostenuti da politiche di sistema – prosegue la nota sindacale – hanno fagocitato il settore auto continentale, smantellando le filiere produttive degli altri paesi. Un processo che in Italia vede diverse aziende del settore annunciare tagli del personale: Bosch, Magneti Marelli, Vitesco, i siti italiani di Stellantis e molte piccole e medie imprese della componentistica e dell’indotto automobilistico, soprattutto in Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte e Toscana. La difesa dell’occupazione è il tema centrale di ogni passaggio industriale. L’USB presente ai tavoli ministeriali sulle politiche industriali e a quello sull’automotive ha chiesto al Ministro Adolfo Urso di intervenire legando gli investimenti all’obbligo di garantire la tenuta occupazionale”.
“La capacità di pensare e fare industria va difesa, soprattutto nel settore dell’auto auto e della componentistica, altrimenti la capacità di trasformare il motore elettrico in una tecnologia matura, sarà appannaggio di altri paesi, con effetti sociali disastrosi per i lavoratori. L’USB da sola e da tempo sostiene l’attualità e la necessità di difendere l’occupazione, il salario ed il tessuto produttivo riportando quest’ultimo sotto il controllo pubblico attraverso una ‘nuova IRI’. Serve ragionare però anche di riduzione di orario di lavoro a parità di salario se si vuole affrontare l’imminente transizione ecologica ed industriale salvaguardando le lavoratrici ed i lavoratori di questo paese”, conclude l’USB.