TERAMO  – Questa mattina con una sobria cerimonia è stato posto a dimora nella Caserma dei Carabinieri di Teramo “L’albero Falcone”.

Alla manifestazione hanno partecipato molte Autorità Civili locali e provinciali, Autorità Militari e Religiose, Associazioni Combattentistiche e D’Arma e comuni cittadini.

La manifestazione ha avuto inizio con un saluto da parte del Comandante Provinciale dei Carabinieri di Teramo, Colonnello Pasquale Saccone, a cui sono seguiti dei brevi e sentiti interventi da parte del Procuratore della Repubblica Dott. Ettore Picardi e del Sindaco di Teramo Dott. Gianguido D’Alberto. E’ stata data lettura di una nota fatta pervenire da Fausto D’Aleo, fratello del Capitano Medaglia D’Oro al Valor Civile alla Memoria Mario D’Aleo, ucciso dalla mafia nel 1983 a Palermo e di cui oggi ricorre il 69° anniversario della nascita.

Il Momento più emozionate è stato l’ingresso nel cortile della piantina “dell’Albero Falcone”, portata da due scolari degli Istituti Comprensivi D’Alessandro-Rinascimento di Teramo e Montorio-Crognaleto di Montorio al Vomano, in rappresentanza dei loro compagni presenti alla cerimonia. I due bambini Noemi e Mykyta sono stati accompagnati da due Carabinieri Forestali del Gruppo Carabinieri Forestali di Teramo che li hanno coadiuvati nella posta a dimora sul terreno della pianta.

Ha quindi preso la parola il Vescovo della Diocesi di Atri-Pineto Monsignore Lorenzo Leuzzi che dopo un breve cenno di saluto ha benedetto la pianta.

A conclusione della cerimonia tutti i presenti hanno cantato L’Inno Nazionale Italiano durante il quale i bambini delle scuole presenti hanno fatto sventolare le bandierine Tricolore di cui gli è stato fatto omaggio.

Il Comandante

“Il tramonto. Il pomeriggio se ne va. Il tramonto si avvicina, un momento stupendo, il sole sta andando via (a letto), è già sera, tutto è finito”. Aveva nove anni Nadia NENCIONI, quando, il 27 maggio 1993, fu uccisa dall’autobomba di via dei Georgofili a Firenze con papà Fabrizio, mamma Angela, la sorella Caterina e lo studente Dario CAPOLICCHIO. Pochi giorni prima, Nadia scrisse questa poesia su un quaderno che tuttora conservano i suoi zii e che il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri ha scelto come titolo “Tramonto” per denominare l’operazione che ha portato, il 16 gennaio scorso, alla cattura di Matteo MESSINA DENARO.
Questi, capo clan mafioso, esponente dell’ala stragista di Cosa Nostra unitamente a Totò RIINA e Bernardo PROVENZANO, rappresenta l’ultimo latitante catturato dallo Stato da quel lontano 23 maggio 1992, giorno in cui, a Capaci (PA), ordì un ulteriore vile attentato che portò alla barbara uccisione del Giudice Giovanni FALCONE, di sua moglie Francesca MORVILLO e degli agenti della Polizia di Stato impegnati nel servizio di scorta.

Ebbene questa poesia è il primo conto, quantomeno morale, che è stato presentato a Matteo Messina Denaro dai Carabinieri nel ricordargli solo una delle piccole innocenti vittime della sua ferocia. La stessa ferocia che ha ordinato un’altra uccisione innocente quella di Giuseppe DI MATTEO, ragazzo quindicenne, per suo ordine, sciolto nell’acido dopo un sequestro durato due anni e colpevole solo del fatto che suo padre, Santino DI MATTEO, aveva avviato, poco prima, un programma di collaborazione con lo Stato.

Autorità, Rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, Delegati Co.Ba.R. e Co.I.R., cittadini tutti, cari ragazzi dell’Istituto Comprensivo “D’Alessandro-Risorgimento” di Teramo e dall’Istituto Comprensivo “Montorio-Crognaleto” di Montorio al Vomano, nel ringraziarVi per essere intervenuti a questa cerimonia, desidero illustrare, fin da subito, quale sia il valore simbolico che oggi noi le attribuiamo.

Lo stesso Giudice Giovanni Falcone, in un suo intervento pubblico sulla mafia, quasi a volerci lasciare un’eredità morale, presagendo il suo triste destino, ebbe a dire: “Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”. Noi, dunque, oggi, siamo qui presenti, perché quelle idee di legalità e di giustizia sociale vogliamo farle camminare, anzi vogliamo farle correre, tramandando alle generazioni future, con la simbolica “messa” a dimora di una talea, i valori di riscatto e di lotta per l’affermazione del diritto e del rispetto per gli altri.

Oggi, dunque, in un più ampio progetto nazionale di educazione alla legalità, specie ambientale, denominato “Un albero per il futuro” e promosso dalla Fondazione Falcone in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in questa Caserma dei Carabinieri, la seconda in Italia e nella città di Teramo, piantando, come faremo a breve, questa talea, simbolicamente vogliamo rappresentare che l’Arma, le altre Forze di Polizia di questo territorio e la comunità tutta teramana sono unite nella lotta contro tutte le mafie.

La talea, divenuta simbolo di riscatto civile, è estrapolata dalle gemme di ficus ricavate dall’“Albero di Falcone”, un albero che si trova davanti all’abitazione palermitana del magistrato.

Le procedure per la duplicazione e la distribuzione delle gemme sono attuate, mediante peculiari processi di laboratorio, presso il moderno Centro Nazionale Carabinieri per la Biodiversità Forestale di Pieve S. Stefano, Arezzo, dove, vengono portati a radicazione numerosi esemplari dello stesso genoma, come quello che oggi, a breve, andremo ad impiantare.

L’ “Albero di Falcone”, dunque, cari ragazzi, è simbolo di legalità, di lotta alla criminalità e vuole instillare, specie nella vostra generazione, la consapevolezza dell’indispensabilità dell’impegno sociale e della salvaguardia ambientale.

Aggiungo, inoltre, che la talea che pianteremo, come le altre, è corredata di fascetta con QR CODE, che consente l’automatica geolocalizzazione sul sito www.unalberoperilfuturo.it e il calcolo, in tempo reale, mediante algoritmo, del quantitativo di anidride carbonica assorbita.

L’iniziativa odierna è, però, finalizzata anche a promuovere nella memoria collettiva e in quella delle future generazioni, la figura di un nostro Carabiniere, anch’egli vittima della mafia.

Mi riferisco al Capitano dei Carabinieri Mario D’ALEO, nato proprio il 16 febbraio 1954, oggi sarebbe dunque ricorso il suo 69° compleanno, e che, invece, è stato barbaramente ucciso da Cosa Nostra a Palermo, nel 1983, insieme a due fedeli collaboratori, l’Appuntato Giuseppe BOMMARITO e il Carabiniere Pietro MORICI.

Abbiamo scelto di ricordare la sua figura perché egli era un ragazzo come voi, spensierato, gioioso della vita.

Pensate che, da ragazzino, ha militato persino nelle giovanili della Lazio, giocando il campionato 1970/1971, senza tralasciare gli studi presso il Liceo Scientifico “Cavour” della Capitale, dove ha conseguito la maturità nel 1973.

Un carattere esuberante il suo, tanto che inizialmente ebbe diverse difficoltà ad abituarsi ai rigidi ritmi dell’Accademia Militare di Modena ma è stata la sua caparbietà a permettergli di continuare il percorso che aveva scelto e prestare giuramento al Tricolore. Una scelta difficile da capire per molti, soprattutto per i giovani, quella di lasciare l’acclamazione di uno stadio di calcio per una divisa e per la lotta al crimine ma la vita, si sa, è fatta, di bivi e qualunque sia la direzione sarà la persona che anche in questo nuovo contesto farà la differenza.

Bene! Presto il Cap. D’Aleo diventerà caparbio anche sul territorio siciliano, tanto da mettere in difficoltà gli assetti organizzativi mafiosi, allora ancora embrionali ma già molto efferati. Fu tra i primi a dare la caccia a Totò Riina e morirà proprio per mano del suo clan in un agguato a Palermo il 13 giugno 1983.

Alla sua memoria, il 31 agosto del 1983, viene conferita la Medaglia d’Oro al valor Civile, con la seguente motivazione:

“Comandante di Compagnia Carabinieri operante in zona ad alto indice di criminalità organizzata, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva, con elevato senso del dovere e sprezzo del pericolo svolgeva tenacemente opera intesa a contrastare la sfida sempre più minacciosa delle organizzazioni mafiose. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato tesogli con efferata ferocia, sacrificava la sua giovane vita in difesa dello Stato e delle istituzioni”.

Ci auguriamo tutti che questa giornata vi resti bene impressa, perché possiate ricordare sempre che il sacrificio e la lealtà alle Istituzioni di questi uomini, di cui oggi onoriamo la memoria, sono alla base della nostra democrazia e della nostra libertà, di cui, vedendo cosa succede a pochi kilometri da noi, dobbiamo essere sempre più riconoscenti e saggi nel conservarle intatte.

Grazie

Col. Pasquale Saccone

Gentilissimo Colonnello Saccone,

problemi di salute e logistici non ci hanno permesso di essere presenti a Teramo alla importante cerimonia di questa mattina.

Seppur profondamente rammaricati siamo, però, con lo spirito e con il cuore presenti nella vostra caserma, ringraziandovi per l’iniziativa che avete voluto prendere in ricordo del Capitano Mario D’Aleo in occasione del suo compleanno.

Il valore di un albero piantato in memoria di un “Eroe” è un modo per celebrare la sua significativa esperienza di vita, fino all’estremo sacrificio.

Spesso i caduti per mano mafiosa vengono ricordati per la loro morte, mentre ciò che è davvero importante è celebrare e ricordare quello che hanno fatto in vita, quello che hanno costruito grazie ai principi ed ai valori in cui hanno creduto, i rischi che hanno affrontato con coraggio e determinazione, il grande contributo umano e professionale che hanno lasciato a tutti noi.

Il Capitano Mario D’ALEO vivrà nel ricordo di chiunque, giovani e anziani, guarderà a questo albero con il desiderio di conoscere e non dimenticare, consapevole che la mafia non ha vinto e non vincerà mai.

Grazie ancora per il vostro impegno, grazie a tutte le autorità ed alla Città di Teramo.

Fausto D’Aleo, fratello del Capitano Mario D’ALEO – M.O.V.C. alla memoria.