Fermare questa guerra, evitando un’escalation del conflitto che potrebbe portare verso il disastro nucleare, interrompere l’invio di armi per aiutare realmente il popolo ucraino promuovendo il cessate il fuoco e un negoziato di pace, assumendo cosi’ una posizione di neutralita’ attiva. Anche a Teramo il giorno dell’Epifania i pacifisti del movimento “Fermare la guerra” si sono radunati nei giardini davanti al Santuario della Madonna delle Grazie per chiedere la pace mentre nel volgere di poche ore, e da voci di altissimo livello spirituale e politico, è stata riproposta la parola ‘pace’, da troppo tempo, e in modo assurdo e autolesionista, ridotta quasi a sinonimo di resa, sconfitta, tradimento. Dopo il successo delle prime manifestazioni de l’Aquila, Chieti e Pescara, dopo la significativa presenza del comitato “Fermare la guerra” autorizzata a stazionare in Vaticano durante la messa del Santo Padre ( sabato 15 gennaio ci sarà un’altra iniziativa sul lungomare di Pescara) organizzata dal movimento “Fermare la guerra” per chiedere di fermare la guerra, per una tregua subito, per parlare di pace. Che non significa disconoscere la realtà. Tante persone per chiedere un “cessate il fuoco subito” come chiede il portavoce Gianni Alemanno a capo di un ampio fronte trasversale di associazioni senza la presenza di bandiere di partito, invitando a scendere in piazza tutti i cittadini al di là di ogni appartenenza politica per dare un forte segnale contro la prosecuzione di questa guerra che sta dilaniando il nostro Continente, senza che nessun governo europeo si sia impegnato seriante per avviare una trattativa di pace.
Senza ignorare le drammatiche difficolta’ economiche in cui il popolo italiano sta precipitando per il protrarsi di questa guerra. La pace, per essere tale, deve anche essere giusta, nessuno ignora questo principio. Troppe paci ingiuste, in passato, hanno aperto la strada a guerre ancor più devastanti e crudeli. Ma allora perché parlare di pace è diventato così difficile?
L’alternativa, lo dicono tutti, è il rischio della catastrofe economica mondiale, della carestia in vaste parti del mondo, persino dello scontro atomico in Europa. Tanto più che la lunga guerra in Ucraina, dopo l’invasione russa del 24 febbraio, non ha fatto che degenerare. I bombardamenti sugli obiettivi civili, che nelle prime settimane venivano attribuiti soprattutto ai russi ma erano sporadici ed erano commentati con enorme sdegno, sono ormai all’ordine del giorno da entrambe le parti. I morti in divisa, pur mancando un credibile bilancio super partes, si contano ormai in centinaia di migliaia mentre quelli civili non si contano nemmeno più. Le distruzioni sono immense, e non meno catastrofiche le piaghe inflitte al tessuto economico e sociale dei due Paesi belligeranti.
È comprensibile che i Paesi in guerra perdano la testa, sconvolti dal sangue versato e presi dalla follia della conquista o dalla sete di rivincita. Ma gli altri? L’Europa, gli Stati Uniti? Davvero crediamo che basti ripetersi che la colpa di tutto è di Vladimir Putin e che tutto finirà quando lui lascerà il potere e la Russia sarà sconfitta? E se non accadesse? E se accadesse solo dopo molti anni di una guerra come quella cresciuta terribilmente d’intensità negli ultimi otto mesi, con tensioni sociali altissime in un’Europa impoverita e parti di mondo in subbuglio per la scarsità di cibo a prezzi sopportabili? O dopo un conflitto nucleare che cancellasse dalla faccia della terra diverse città europee con i loro abitanti? C’è qualcuno, che sia politico o esperto o giornalista, disposto a garantire che questo non avverrà? E soprattutto: c’è qualcuno che alla fine potrebbe chiamarla ‘vittoria’ o addirittura ‘pace’. A quanto pare, nessuno si rende conto che lo smembramento dell’Ucraina sarebbe una tragedia e che il collasso della Russia sarebbe uno tsunami. Se vuoi la pace, prepara la pace.