E’ fallita la tregua per il Natale ortodosso. E’ fallita la tregua anche questa volta. Resta solo la voce di Papa Francesco a chiedere la pace. Ammesso e non concesso che ci sia mai stata una “guerra giusta”, la guerra di oggi, ovunque e da chiunque sia combattuta, per le consapevolezze e per le armi di cui disponiamo è infinitamente ingiusta. Da un punto di vista cristiano è un’atroce bestemmia, che tradisce e nega radicalmente il Vangelo di Cristo e il progetto di Dio per l’umanità. La guerra distrugge, non costruisce; semina sofferenza e rancore, non fa giustizia; spezza vite, non custodisce alcun bene. La guerra è sempre per il potere, ed è sempre condotta sulla pelle dei poveri. Perciò fa tremare di dolore e d’indignazione, dà letteralmente i brividi soprattutto ai cristiani, ma non solo a loro, che il Patriarca ortodosso di Mosca, come un qualunque propagandista del terrorismo islamico, abbia fatto addirittura riecheggiare la “promessa del paradiso” per gli «eroi» che cadranno in battaglia. Spendiamoci e preghiamo, anche in questa domenica, perché tutti gli uomini e le donne di fede e di buona volontà uniscano la loro voce a quella di papa Francesco nel chiedere pace a Dio e a coloro che, qui e ora, hanno il potere e il dovere di fermare la folle corsa verso l’irreparabile.
È sempre un giorno buono quello in cui le armi tacciono. Ed è sempre un giorno cattivo quello in cui le armi potrebbero tacere, ma non lo fanno. Nella guerra d’Europa, e per il nuovo (dis)ordine mondiale, che si combatte da più di dieci mesi in terra d’Ucraina il giorno che per gli ortodossi è la vigilia di Natale e per il resto della cristianità è l’Epifania è stato un giorno pessimo, triste e feroce persino più di altri giorni di questa carneficina – parola di papa Francesco – folle e sacrilega. Perché quando si trasforma una pur fragile occasione di tregua, comunque sia balenata, da chiunque sia stata offerta, in un nuovo terreno di battaglia – a suon di dichiarazioni sferzanti, di atti ostili e di ordigni letali scaraventati contro le vite degli altri – il giudizio deve essere netto. Così come netto dev’essere il rifiuto della logica politica e bellica e la morale distorta che impediscono di fermare il massacro.
E tuttavia conserviamo intatta la speranza che dentro la massa opprimente di tanta sofferenza e di tanti clamori siano state scavate in silenzio nicchie di pace. Bisogna fermare la guerra, e trasformare il sistema che l’ha creata. Occorre oggi dare la possibilità concreta di convivenza pacifica e lo sviluppo di tutti i popoli in tutti questi paesi, senza affidarsi soltanto alla logica della “pace negativa”, delle alleanze militari e delle corse agli armamenti. Chi si ispira ai valori della pace e della nonviolenza deve lavorare a una pace positiva in Europa: diritti per tutti, giustizia per tutti, sviluppo per tutti, libertà per tutti, memoria di tutti. Noi proponiamo i seguenti punti di azione e chiediamo l’attivazione immediata di cittadini, società civile, Enti locali, istituzioni statali ed europee: E sappiamo che qualcosa di piccolo eppure di immensamente grande è certamente accaduto nel giorno in cui alcuni cristiani celebrano la mano di Dio che si fa bambina e tocca la storia e tutti gli altri fanno festa per la manifestazione e il riconoscimento del Figlio che ci è stato dato e che per noi si è dato. Sono certamente accaduti gesti inoffensivi, ci sono state armi non più usate e riposte e ordini di morte non impartiti o non ascoltati. E forse – è quasi temerario immaginarlo – ci sono stati persino abbracci che pensiamo impossibili sul confine che corre tra il sospetto, il rancore, la stanchezza del sangue versato e la fraternità desiderata. O semplicemente, ci sono state persone che hanno saputo dirsi: basta, oggi non uccido.
Non hanno portavoce e non ce li faranno vedere in tv o nei video diffusi sui canali digitali di comunicazione. Ma ci sono, continuano a esserci. Sono quelli che obiettano alla violenza, e vogliono giustizia e pace, ma non con la guerra. Che siano benedetti.
Abbiamo bisogno di attingere a queste riserve di umanità e di buona fede. Abbiamo bisogno di sapere che, anche in un dolore così grande, maturano rinunce alla paura che fa imprecare e all’odio. E che si levano preghiere e pensieri non per la vittoria, ma per la fine della guerra. Bisogna proprio affidarsi all’amore di Dio quando appare chiaro – e ieri è stato chiaro più che mai – che gli uomini (e le donne) di potere non ne vogliono sapere di smettere. E sono disposti a prendere in ostaggio anche l’idea di una «tregua di Natale» per scagliarsela contro, e torcerla e ritorcerla in un gioco cinico e propagandistico. Se la tregua è fallita, se nessuno – né i russi, né gli ucraini, né gli americani, né gli europei – si è preoccupato di farne il seme di qualcosa che dovrà pur venire (e non sarà sulla punta delle baionette e neanche dei missili), allora c’è un motivo in più per resistere e non rassegnarsi a un mondo in cui si pretende di fare delle armi gli aratri del nostro futuro.