TERAMO – Il turismo della neve è destinato a scomparire. Ma sembriamo non rendercene conto.

Ennesimo inverno privo di neve, con temperature primaverili e margherite che fioriscono nei prati di Pietracamela.

Anche chi è scettico sui cambiamenti climatici non può non notare l’anomalia di questi mesi, direi anni, con dati che dicono che in Italia il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura di oltre un grado (1,06) superiore alla media storica e  precipitazioni atmosferiche diminuite del 30% rispetto al periodo 1991-2020.

Lo studio “Snowmaking in a warmer climate: an in-depth analysis of future water demands for the ski resort Andermatt-Sedrun-Disentis (Switzerland) in the twenty-first century”, pubblicato recentemente sull’International Journal of Biometeorology da un team di ricercatori svizzeri e austriaci, ha evidenziato come nella località svizzerà sarà possibile garantire l’innevamento artificiale solo a costi elevatissimi, e a patto che le temperature lo permettano, e solo nelle zone del comprensorio situata ad altezze superiori a 1.800 m slm.

Molte persone non si rendono conto che anche per l’innevamento sono necessarie determinate condizioni meteorologiche. Non deve essere né troppo caldo né troppo umido, altrimenti non ci sarà abbastanza raffreddamento per evaporazione perché l’acqua spruzzata si congeli nell’aria e cada sotto forma di neve. L’aria calda assorbe più umidità e quindi, man mano che gli inverni diventano più caldi, diventa anche sempre più difficile o impossibile produrre neve tecnicamente. In altre parole se non ci sono le condizioni climatiche giuste non si può innevare artificialmente.

E se il problema si pone per i comprensori sciistici alpini figuriamoci quale futuro è probabile per i nostri appennini, e in particolare per le montagne teramane, già stremate da una apertura altalenante degli impianti sciistici e da una ricettività turistica che necessità di un urgente ammodernamento.

Cosa fare quindi? Nonostante ci si ostini ad ignorare gli inequivocabili segnali di crisi occorrerebbe prendere atto della situazione ed agire di conseguenza, puntanto su forme di turismo alternative a quello dello sci.

Enogastronomica, benessere fisico e psicologico, strutture per famiglie con bambini, ecologia e natura, sono tutti elementi del cosidetto “turismo esperienziale” che le nostre montagne potrebbero accogliere, e per i quali potrebbero diventare eccellenze internazionali.

Non dimentichiamo che i nostri territori, oltre a bellezze paesaggistiche e naturalistiche senza pari (con parchi nazionali e aree protette regionali e locali che andrebbero valorizzate), sono ricchi di storia e hanno il pregio, sempre decantato ma, nei fatti, mai messo a sistema, di racchiudere, in pochi chilometri, alte montagne, colline bellissime e un mare ricco di infrastrutture turistiche.

Ecoturismo, equiturismo, cicloturismo, enoturismo, e l’elenco potrebbe continuare… tante sono le tipologie turistiche che la nostra provincia, e la nostra regione, potrebbe accogliere.

Intanto, l’11 gennaio prossimo, ci sarà un incontro tra le regioni appenniniche con la Ministra del Turismo.

“Il tavolo di lavoro che si andrà a costituire – ha precisato il coordinatore nazionale Della Commissione Turismo della Conferenza delle Regioni, Daniele D’Amario, assessore al Turismo della Regione Abruzzo – si pone l’obiettivo di studiare un pacchetto di aiuti destinato alle attività dell’Appennino in grado di ridurre le conseguenze negative della mancanza di neve sugli impianti di risalita, ma anche di pensare politiche di sviluppo e di ammodernamento delle strutture sciistiche di risalita e innevamento artificiale, con la creazione di un fondo speciale per la montagna”.

Se i presupposti sono questi forse non si è compreso bene la portata del problema. E se non si comprende il problema sarà difficile trovare le soluzioni.

 

di Raffaele Di Marcello