Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 27,46) . Ma Gesù, il  Cristo, il Messia, sapeva fin dal primo giorno che la salvezza di tutti gli uomini sarebbe passata attraverso il dono di se stesso, attraverso il sacrificio di sé sulla croce. 

Ratzinger è stato uomo di fede e un intellettuale complesso, contraddittorio. Sfaccettato. Per questo, come si vede dopo la sua morte, nonostante i dieci anni trascorsi nel silenzio, la sua figura interroga e interessa ancora. Era un uomo forte, seppure timido, quasi accondiscendente. Sfaccettato. Non aveva l’audacia di Wojtyla, che convocò le religioni ad Assisi nel 1986. Ma tornò ad Assisi per celebrarne l’anniversario. Tedesco bavarese, amante dell’Italia, di cultura francese, si muoveva a suo agio nei dibattiti intellettuali del continente. Non ebbe la forza di reggere la catechesi del dolore che fece di Wojtyla un Santo. Non credette in quel tipo di governo. Non pensò che si potesse governare con la sofferenza. E, anche se la malattia non fu la vera ragione delle sue  dimissioni, con la sua rinuncia scelse di essere per sempre ricordato solo come “papa emerito”.

Joseph Ratzinger, 95 anni, fu professore di teologia, vescovo, cardinale, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Da quel momento il cardinale tedesco diventa per venticinque anni l’inflessibile guardiano della fede cattolica, difendendo, in tandem con Wojtyla, la Chiesa romana da ogni spiffero di modernità e spazzando via con energia tutti i granelli di polvere progressista che erano riusciti a penetrare all’interno negli anni tumultuosi del post Concilio. Aprendo così le porte al pontificato  illuminato di Papa Francesco. Arrivano i provvedimenti disciplinari contro i teologi della liberazione, che furono ridotti al silenzio e spesso allontanati dalla Chiesa. Abbandonati dalla Chiesa che non fu madre per loro. Il centralismo romano venne ulteriormente rafforzato indebolendo l’autonomia delle conferenze episcopali nazionali. E affermando, con la dichiarazione “Dominus Iesus” del’anno 2000, in pieno Giubileo, che è impossibile per gli esseri umani trovare vie di salvezza non solo nelle altre religioni ma anche nelle altre chiese cristiane diverse da quella cattolica romana. Scavalcando Papa Giovanni Paolo II gravemente malato mise così la pietra tombale su ogni possibilità di autentico dialogo interreligioso e l’eutanasia dell’ecumenismo, a meno che non sia guidato e diretto da Roma.

Quando nell’aprile 2005 Wojtyla muore dopo una lunga malattia che lo aveva ridotto all’impotenza, Ratzinger è l’unico vero candidato alla successione. Viene eletto rapidamente nel secondo giorno al quarto scrutinio – superando agilmente Bergoglio, il secondo più votato – cominciando così la sua vita da papa, in assoluta continuità con il quarto di secolo trascorso all’ex sant’Uffizio: rafforzamento del centralismo romano e salvaguardia della dottrina.

Ma di lui resterà solo l’essere stato un “papa emerito”. Peccato. L’immagine che il nuovo papa ha della Chiesa è quella di una barca che sta per affondare, travolta dalla tempesta del relativismo, figlio della modernità. Può essere salvata solo tornando al passato, al pre-Concilio (e al pre ‘68), anzi al Concilio interpretato secondo l’ermeneutica della continuità, perché il cammino della Chiesa non fa salti. Operazione sofisticata, ma di non facile realizzazione, tanto che il pontificato di Benedetto XVI è costellato di “incidenti” di vario genere e peso, che però rivelano una precisa idea di Chiesa e di mondo (con la complicità del maldestro cardinal Bertone, che Ratzinger ha voluto portare con sé dalla Cdf alla segreteria di Stato). Ma il suo tentativo di puntellare la Chiesa tornando al passato, ovvero riproponendo i modelli preconciliari fallì miseramente. Non aveva il carisma e dunque la forza di Giovanni Paolo II. La Chiesa del popolo rifiutò il ripristino del rito tridentino (messa in latino, con il celebrante che rivolge le spalle al popolo). La chiesa di base non voleva tornare al passato all’uso di abiti, paramenti liturgici e oggetti da tempo chiusi in magazzino. L’intera America Latina si schierò contro. La gente rifiutò di guardarsi indietro mentre il mondo correva in avanti. Il mondo non accettò la revoca della scomunica per il vescovo Williamson, lefebvriano e negazionista della Shoah, ne la citazione nel 2006 a Ratisbona dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, che definiva l’islam “cattivo, violento e disumano” E gli ebrei “perfidi”. Ratzinger capì che  non era e non sarebbe mai stato amato. La Chiesa apparve frattanto debole, indifesa. Esplodono così una serie di scandali che allargano le falle nella barca della Chiesa: la fase di Vatileaks che creò in Vaticano un ambiente irrespirabile e velenoso. Corvi, delazioni, tradimenti, aspetti incompresi del periodo del pontificato di Ratzinger,  miserabili calunnie, verità nascoste,  e oscure manovre che hanno gettato ombre sul magistero e sulle azioni del pontefice tedesco, che resero evidente la guerra tra bande che si combatteva nei sacri palazzi, nelle finanze vaticane. I racconti del maggiordomo infedele, Paolo Gabriele (condannato da un tribunale vaticano) ma ispirato da chi ? La guerra tra cardinali assetati di potere. Le spese folli di Tarcisio Bertone sempre coperto. Perché ? L’intoccabile cardinale Becciù che agita il palazzo Vaticano. I misteri dello I.O.R. che emergono.  Fino alla pedofilia del clero, su cui Benedetto XVI non fu abbastanza netto,  come  invece lo è oggi Francesco.

E così, preso atto del fallimento del suo progetto – e non per la malattia – per l’acquisita coscienza di non riuscire a guidare la Chiesa in crisi secondo la propria linea di governo, si dimise nel febbraio 2013. Diventa “Papa emerito” e sceglie di restare comunque in Vaticano, trasformandosi, spesso involontariamente nel punto di riferimento dei conservatori che si oppongono a papa Francesco. E che ora sono rimasti orfani di un leader. Questo lo sa bene l’immenso Papa Francesco che prepara la sua successione, immaginando dopo di sé un papa che si muova lungo il solco del suo pontificato. L’ultima mossa è la recente nomina di 21 nuovi cardinali, 16 dei quali sotto gli ottant’anni, in grado di partecipare al prossimo conclave e in sintonia con il suo pensiero. Con il concistoro di fine agosto, sono 83 – su 132 membri del Collegio cardinalizio – i principi della Chiesa in linea con il papa «venuto da molto lontano» e in grado di eleggere un successore a lui gradito. La Chiesa di potere Ratzingeriana e quella popolare Bergogliana sono lo specchio di due idee, due concezioni antitetiche della Chiesa cattolica di fronte alle sfide del mondo d’oggi . Tanto da far intravedere il rischio di uno scisma, finora miracolosamente tenuto dentro il perimetro delle mura vaticane.