«Gesù non chiama beati i tranquilli, quelli che stanno in pace, ma quelli che fanno la pace e lottano per fare la pace, i costruttori, gli operatori di pace. Infatti, la pace va costruita e come ogni costruzione richiede impegno, presenza, collaborazione, pazienza. (Papa Francesco, 1 novembre 2022)

Oggi, 5 novembre, a Roma ci sarà una grande festa di popolo. La mobilitazione last minute è partita. Parteciperanno tante persone, un popolo senza bandiere, prima ancora che sigle e organizzazioni di mondi diversi. Soprattutto perché la manifestazione per la pace sarà soprattutto contro il bombardamento del pensiero unico sulla guerra, ed è la prima volta che capita . E non è poco.

Treni, pullman, mezzi personali: si arriverà nella Capitale in tanti modi . La novità sembra essere proprio il fermento in atto nelle grandi reti associative nazionali, nel mondo cattolico libero dalla mafia e nelle città . Non si può aspettare che la guerra finisca d’incanto. Occorre un maggiore e deciso investimento sulla via diplomatica. Oggi deve essere l’inizio di un percorso, non la fine, con una manifestazione apolitica e senza bandiere. I protagonisti, una volta di più, dovranno essere la società civile e le organizzazioni sociali. La prova della piazza per la società civile è inedita: ad aprire il corteo i ragazzi delle scuole, in un significativo intreccio generazionale tra figure storiche del pacifismo italiano e volti nuovi. Sul palco, ci saranno le voci e le testimonianze di chi ha vissuto il dramma della guerra, non solo in Ucraina. Non sfugge a nessuno che il colpo d’occhio di una piazza San Giovanni riempita dal popolo della pace possa essere un segnale importante dato da tutto il Paese all’opinione pubblica internazionale.
La pace oggi non è più e non è solo una marcia univoca a Roma, ma ha una direzione nuova, verso Kiev. Il sogno di tanti pacifisti che sfileranno  per le vie della Capitale è precisamente questo: la creazione di un’Europa dei popoli che urgentemente copra i vuoti dell’Unione Europea così com’è oggi: il sogno è quello di un Vecchio continente che sia finalmente in grado di dettare l’agenda facendo politica in nome della nonviolenza attiva,

Non vogliamo abituarci alla guerra e a vedere immagini strazianti. E poi quanta violenza resta invisibile nelle tante guerre davvero dimenticate. Ecco, per questo chiediamo con tutta la forza di cui siamo capaci: “Aiuto! Stanno male! Stanno morendo! Facciamo qualcosa! Non c’è tempo da perdere perché il tempo significa altre morti!” Il dolore diventa un grido di pace.
La pace mette in movimento. È un cammino. « E, per giunta, cammino in salita», sottolineava don Tonino Bello, che aggiungeva: «Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo». Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente.