“Tu comincia a fare quello che è necessario, poi quello che è possibile. Alla fine, ti scoprirai a fare l’impossibile”.
E’ una delle frasi citate da Giorgia Meloni nel discorso dopo i risultati che attestano la sua vittoria alle elezioni. Ma San Francesco non l’ha mai detta. Non è importante. Sbagliò anche il Cardinal Ravasi. E’ invece una testimonianza di quanto sia attuale e affascini San Francesco ancora oggi. E’ così: non c’è nulla di più attuale della vita e del messaggio di Francesco, autentico gigante della santità, che con la sua gioia continua ad affascinare moltissime persone di ogni età, di ogni parte del mondo, e di ogni credo religioso. Tra la gioia e la santità c’è infatti un rapporto indissolubile nel il ‘giullare di Dio’, E’ quasi scontato affermare l’attualità di san Francesco d’Assisi: a lui ci si riferisce parlando di pace, di salvaguardia del creato, di fratellanza, tanto più che l’attuale pontefice ha scelto di portare il suo nome con un chiaro intento programmatico. Il rischio è, però, quello di non andare a fondo, di fare del Santo una sorta di icona mediaticamente efficace, senza coglierne la vibrante esperienza evangelica, dimenticando l’aspetto essenziale e, cioè, che tutto in Francesco è in relazione al Signore Gesù Cristo.
In che cosa consiste allora la sua attualità? Io direi nella “novità” di cui egli si fa umilmente mediatore, quella medesima novità che è la vita che “tutto rinnova” (Sap 7,27). È la novità, infine, che si manifesta in quanti, nel tempo della storia, si lasciano plasmare dal futuro dischiuso dal Vangelo, quello delle beatitudini che contestano la facile sovrapposizione tra senso e potere, tra dignità e successo. Tommaso da Celano, con la passione dell’agiografo, nel Trattato dei miracoli, esprime in questi termini la provvidenziale “discontinuità” che il vissuto del Poverello e dei suoi seguaci regala al mondo:
” All’improvviso, emerse sulla terra un uomo nuovo. È ora d’un tratto è portata alla luce la perfezione sepolta della Chiesa primitiva, di cui il mondo leggeva sì le meraviglie, ma non vedeva l’esempio (3Cel I,1). .Anche ad un’osservazione superficiale appare evidente come per parecchi secoli in tutta l’Italia nessun uomo abbia goduto di un amore e di un ossequio così smisurati come il modesto ed umile Francesco. “Il suo messaggio, tenero e beato, non si spense con la sua morte. Egli aveva sparso a piene mani un buon seme, e quel seme germogliò e crebbe e fiorì”. Queste parole di Hermann Hesse, l’autore di Siddharta, in questo ottobre 2022 suscitano la domanda sul perché Francesco abbia lasciato una così profonda impronta nel cuore degli Italiani e di tante donne e uomini di ogni latitudine e cultura. La risposta di Hesse – dal tono piuttosto sentimentale e romantico – contiene un nocciolo prezioso di verità: “Soltanto pochi [come Francesco], in virtù della profondità del loro intimo, hanno donato ai popoli parole e pensieri di eternità”. Per Hermann Hesse Francesco incarna un messaggio capace di dare ragioni di vita e di speranza al cuore di tutti. Anche a quello dell’Italia d’oggi, scossa da una crisi che, prima che economica e politica, è spirituale e morale. Quella di Francesco è la fede semplice di un cristiano che salva la Chiesa . Egli conosce benissimo i peccati degli uomini di Chiesa, ma ama profondamente la Sposa di Cristo, fino a donare tutto sé stesso. Nei suoi gesti e nelle sue parole non c’è superbia e arroganza, non ci sono inganni o secondi fini, non c’è desiderio di potere o ideologia, ma c’è solo carità e amore.
In Abruzzo, a Celano, patria del beato Tommaso, seguace e primo biografo di Francesco, fu scritta la “Legenda” ufficiale per la canonizzazione del Santo e presentata al Papa il 25 febbraio 1229, Tommaso narra con incantevole freschezza la vicenda di Francesco sin dai suoi inizi. Tommaso da Celano lo narra con tratto tenerissimo: “La mano del Signore si posò su di lui e lo trasformò”. Al di là di queste poche righe, che già aprono uno squarcio sullo sterminato futuro, i fatti ebbero una serrata consequenzialità. Francesco si siede alla scuola di Gesù Crocifisso e impara l’umiltà: anche in questo la provocazione che lancia al nostro presente è bruciante: “Un frate chiede a Francesco: ‘Padre, cosa ne pensi di te stesso?’ ed egli rispose: ‘Mi sembra di essere il più grande peccatore, perché se Dio avesse usata tanta misericordia con qualche scellerato, sarebbe dieci volte migliore di me”. Lo spogliamento di sé caratterizzerà sempre più il suo cammino: nella Vita seconda di S. Francesco, che Tommaso da Celano stende tra il 1246/1247 per corrispondere all’ingiunzione del Capitolo generale di Genova “di scrivere i fatti e persino le parole” di Francesco, questo aspetto emerge in modo impressionante. “L’ardore del desiderio lo rapiva in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle essere crocifisso.” L’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso… Così l’ amore di Cristo aveva trasformato l’amante nella immagine stessa dell’Amato”. Gli occhi di Francesco si chiuderanno presto alla luce del mondo: ma la luce della Sua fede e del Suo amore umile continuerà a risplendere. Non fu la Sua una fuga dal mondo. Se non avesse amato profondamente questa terra, non avrebbe composto il Cantico delle creature. La sua è anche una spiritualità del rispetto e dell’amore del creato. Tutto in Francesco fu motivato dall’aver compreso qual è la perla preziosa da cercare ad ogni costo: sobrietà, povertà, tenerissima carità, umiltà, rispetto per ogni creatura e per tutto il creato sono volti di quest’unico amore. E non è di esso che ha bisogno anche l’Italia di oggi, come quella del suo tempo e il mondo intero con lei? “.
Il santo certamente meritò di entrare nel luogo della luce e della pace, dove con Cristo riposa. E da li continua a parlare a chiunque voglia ascoltarlo…