“Generazione Settanta. Storia del decennio più lungo del secolo breve. 1966 – 1982” (Einaudi), è il libro di Miguel Gotor (storico e assessore alla Cultura del Comune di Roma) presentato da Michele Fina assieme all’autore nel 129esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro”, andato in diretta dal suggestivo scenario di Alba Fucens. Prima dell’inizio del confronto Fina ha donato a Gotor gli ultimi libri di Francesco Proia ed Emma Pomilio.
Per Fina quello di Gotor è “un libro che ha fatto discutere. Lui ha scritto tanto di questo periodo, ma questa è la lettura più ad ampio raggio che fa tesoro anche di altri suoi studi. Lo fa attraverso una scrittura che cattura. Molte delle contraddizioni di allora rimangono ancora oggi insolute”.
L’autore ha detto: “Ho sempre avuto dentro di me l’idea di fare un affresco sugli anni Settanta in generale, pur avendo già fatto esami specifici sul caso Moro. Dentro il secolo cosiddetto breve gli anni Settanta hanno un inizio, con cause e ragioni, che è precedente il dato cronologico. Nel 1966 c’è l’alluvione di Firenze che segnò una mobilitazione dei giovani italiani che scelsero l’impegno civile e ci fu il primo delitto politico, quello del giovane socialista Paolo Rossi, nel corso di scontri con i fascisti. La fine simbolica è il 1982, la vittoria dei Mondiali di calcio, quando le piazze sono occupate dopo tanto tempo in modo gioioso”.
Gotor ha spiegato che il suo rapporto con gli anni Settanta “è di chi è nato nel 1971, a Roma. Ero abituato da bambino a percorrere il ponte Garibaldi, dove morì Giorgiana Masi e c’è la lapide che la commemora. Lo sguardo che nella memoria pubblica si ha degli anni Settanta ha creato un po’ un luogo comune, fondato sulla terribile violenza, ma si tratta di una sola faccia della luna perché furono anche un periodo di straordinaria modernizzazione italiana, probabilmente maggiormente che in qualsiasi altro decennio del Novecento. Vi fu una serie di riforme che cambiò la qualità della democrazia in Italia. Il problema storico che ne deriva è la convivenza di questo aspetto con un tale scoppio di violenza. Importante fu il contesto internazionale, perché la violenza che l’Italia ha subito dal 1969 non ha solo implicazioni autoctone: non è un caso che lo stragismo sia terminato in corrispondenza della fine della guerra fredda”.
Alcune considerazioni sul metodo e gli obiettivi: “Lo storico parte dalle domande che il presente gli suggerisce, sperando che raccontare il passato possa avere una funzione civile. Il libro parla soprattutto a chi ha superato i settant’anni ma c’è anche il rapporto con chi è giovane e può avere voglia di ripercorrere la storia del nostro Paese per capire l’oggi. E’ difficile sperare di parlare a entrambi i pubblici, il mio sogno è di riuscirci”.
Gotor ha parlato anche del suo incarico da assessore della cultura nella capitale, ricordando che partendo da una situazione difficile a causa del malgoverno degli anni scorsi e delle ferite lasciate dal Covid grazie a una politica di investimenti “le cose stanno andando, siamo riusciti ad esempio a dare vita a un’estate romana che incontra la soddisfazione delle cittadine e dei cittadini di Roma”.