TERAMO – Tornando a Montorio ieri per la partita casalinga del nuovo Teramo, non ho potuto non ripensare a quel giocatorino che proprio da Montorio arrivò nel Teramo all’inizio della stagione 1961-62, debuttando nel campionato di serie D alla prima giornata di ritorno, domenica 28 gennaio 1962 a Campobasso, dove i biancorossi vennero sconfitti 1-0. L’esordio di Luigi Catini non passò inosservato, ma le sue qualità emersero successivamente, già alla sua seconda partita, domenica 18 febbraio in casa, al Comunale, contro il Martina, battuto 2-0, quando l’allenatore Ottino tornò a schierare il giovanissimo centravanti montoriese, appena 17enne. Il suo primo goal lo realizzò domenica 1° marzo 1962, in casa contro il Fabriano, battuto 2-0 e la sua rete fu quella del raddoppio, venuta dopo la prima di Colangelo a 10’ dall’inizio. Catini andò in goal a 5’ dalla fine con un tiro che rivelò un campioncino. Un minuto prima della rete di Colangelo aveva colpito un palo. Quell’anno Catini giocò 16 partite e segnò 5 reti, ma l’anno successivo, ancora in serie D, quando l’allenatore Tom Rosati tornò a dargli fiducia, di partite ne disputò 27 e realizzò 3 reti. Era estroso, funambolico, tecnicamente perfetto, e siccome aveva il fisico di Omar Sivori e come lui giocava con il calzettoni abbassati, noi tifosi, ma io già facevo il cronista, lo chiamavamo “il piccolo Sivori”. Nel suo terzo anno, come giocatore passò al Chieti e si fece apprezzare, anche se giocò poco, poi, tornato nel Teramo nel campionato 1965-66 di IV serie già iniziato, disputò ancora 14 partite segnò 1 goal. Complessivamente in maglia biancorossa disputò 57 incontri e segnò 9 reti. Me lo ricordo ancora sul campo, giovane promessa del calcio montoriese, sempre prolifico, calcare le orme di un altro bel giocatore di Montorio che nel Teramo e nella Sambendettese si era fatto molto apprezzare: William Martegiani. Catini aveva tutto per diventare un campione, anzi un campionissimo, predestinato ad una grande carriera e finire forse addirittura in serie A. Ma su di lui aleggiava un destino crudele, una sfortuna che fu con lui severa nel calcio e nella vita, che lasciò il 16 settembre del 2014, troppo presto. Me lo rivedo ancora davanti agli occhi, piccolo, minuto, inarrestabile nei suoi dribbling, superare l’avversario con la palla al piede e puntare la porta o passare la palla al compagno smarcato. Colpì pali in quantità industriale e anche in questo si capì che contro di lui si accaniva la sfortuna, che non ne fece il campione che avrebbe meritato di essere e lo sottrasse troppo presto all’affetto della moglie e di suo figlio Dante, di fede granata come me. Non lo dimentichiamo.