Un regista illuminato, Gianfranco Rosi  presenta a “Venezia 79” – nella selezione Fuori concorso in tutti i cinema dal 4 ottobre giorno in cui si celebra san Francesco –  il nuovo docufilm In viaggio  prodotto da Rai Cinema. Nel 2013, appena eletto, papa Francesco va a Lampedusa. Nel 2021 compie un importante viaggio in Iraq e Kurdistan. Gli stessi luoghi che Gianfranco Rosi ha raccontato in Fuocoammare e Notturno. Papa Francesco in 9 anni di pontificato ha compiuto 37 viaggi visitando 59 paesi. Italia, Brasile, Cuba, Stati Uniti, il continente africano e il sud est asiatico, i suoi itinerari seguono il filo rosso dei temi centrali del nostro tempo: la povertà, la natura, le migrazioni, la condanna di ogni guerra, la solidarietà, il dialogo interreligioso. Il lavoro di Rosi fa dialogare il racconto dei viaggi del Papa con materiali di archivi storici e con i frammenti di alcuni dei film di Rosi, oltre al prezioso supporto degli Archivi vaticani. Quando uscì Fuocoammare, il documentario di Rosi che nel 2016 vinse l’Orso d’Oro per il miglior film al Festival di Berlino, sugli sbarchi dei migranti sull’isola di Lampedusa, “fu il Papa a farmi convocare per conoscerci – spiega il regista –. Poi l’ho seguito in due viaggi nel 2022, quello di luglio in Canada e quello dell’aprile scorso a Malta subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Dove disse parole fortissime contro la logica della guerra e l’uso delle armi”.

Resta nel cuore lo spirito evangelico portato dal Papa, che sia tra le favelas di Rio nel 2013, al Senato Usa e fra le strade esultati di Cuba o in una moschea nella Repubblica Centrafricana nel 2015, fra i carcerati messicani nel 2016 o in Armenia, Israele, Emirati Arabi, Madagascar, Giappone e Canada. Si intrecciano le immagini dei telegiornali ed alcune girate dallo stesso Rosi che è riuscito a filmare il Papa nell’intimità della preghiera, nella Grotta di San Paolo a Rabat a Malta, sono attimi potenti nella penombra accompagnati dalla accorata invocazione: “Signore fermaci!”.

È come il respiro del Vangelo. Gesù si apparta per pregare, riprende il fiato, riordina i pensieri, pensa ai suoi fratelli e alle sue sorelle e si mette in ascolto del Padre. Poi il mondo fracassone e pasticcione, tragico e disperato, torna a far sentire i propri lamenti. Il popolo si accosta, lo chiama, lo invoca e le folle si fanno più pressanti. Gesù allora sorride e, grazie al fiato che ha raccolto con la preghiera, può tornare a rivolgersi a tutti coloro che chiedono una Sua parola e il Suo aiuto. Il respiro del Vangelo ha un suo ritmo sacro e indispensabile. È la fonte della nostra speranza. Gianfranco Rosi, con “In viaggio”, negli improvvisi silenzi del Papa ritrova quello stesso respiro e lo racconta con lo sguardo dell’umanità dolente che cerca di volgere gli occhi al cielo.

Nonostante il repertorio usato da Rosi sia noto, per lo spettatore ha la stessa freschezza di un materiale inedito. Rosi ha accuratamente scelto i ritagli (i fegatelli li chiamava Fellini) che nessun altro avrebbe voluto. Nel suo film il Papa infatti spesso tace. È la vera svolta copernicana delle tante agiografie televisive e cinematografiche che hanno caratterizzato i primi nove anni del pontificato di Papa Francesco. I mass media e i new media non riescono a fare a meno di star egocentriche e ciarliere. Ma il Papa non è così. Rosi ha avuto il dono di capirlo e il coraggio per raccontarlo. Le prime immagini del film alternano il volto del Papa, immobile e silenzioso, con quelle della terra (come se fosse capovolta) ripresa dalla stazione spaziale internazionale. Fuori sincrono la voce del Papa invita l’umanità a credere di più nella capacità di fare del bene che il Padre ha donato a ciascuno di noi. Sono solo i primi attimi del film, ma sono sufficienti per scrivere un libro.

Il silenzio del Papa è il tempo della preghiera al Padre. La terra capovolta che incombe appena fuori dagli oblò della stazione spaziale è la metafora schiacciante di un peso insopportabile (la nostra umanità zoppicante) e, nello stesso tempo, è anche l’ostacolo che ci impedisce di volgere lo sguardo al cielo (l’inquadratura occupa tutto lo schermo). La preghiera e l’umanità. Il respiro del Vangelo. Questo ritmo sacro caratterizza tutto il racconto di Rosi. Il Papa parla con schiettezza, come è abituato a fare. Chiede scusa per aver detto di voler aspettare le prove della colpevolezza del vescovo Barros e chiede perdono per la strage delle ragazze native nelle scuole cattoliche del Canada. Dice anche che la globalizzazione dell’indifferenza ci impedisce di piangere per le vittime del Mediterraneo o che tutte le guerre, nessuna esclusa, hanno una sola motivazione, i soldi. Nel film di Rosi però, alla fine, il Papa più spesso tace. Quando incontra i musulmani, gli ebrei o gli ortodossi. Quando con la papamobile attraversa città osannanti di folla commossa o strade che invece sono state desertificate dalla politica e dalla violenza. La sua mano si alza sempre a benedire: le lacrime dei molti o le assenze degli altri. Il percorso di Rosi è ispirato. È difficile realizzare un film di montaggio. Di fronte al repertorio sterminato si ha sempre l’impellenza di aggiungere, mai di togliere. Dicono dallo staff della produzione che il regista abbia fatto e disfatto mille volte.

Rosi ci prende per mano e vuole farci capire che il messaggio del cristianesimo, e quindi l’apostolato di questo Pontificato, non è nella vittoria sul mondo (che infatti è capovolto), ma è nella umiltà della Croce. Mano a mano che le immagini del pellegrinaggio del Papa si accavallano le une alle altre, insieme con i silenzi, sempre più frequenti, Rosi inserisce, verso la fine, anche alcune immagini abbastanza sorprendenti. Il Papa è fuori fuoco. Sono nitidi fin nei dettagli i volti delle persone che incontra, ma Francesco è sfumato in una macchia di colore. All’inizio del film il Papa invita l’umanità a non smettere di credere nelle proprie capacità di fare del bene. Alla fine del film, mentre il suo volto scompare nel fuori fuoco, rimane solo la forza della preghiera di fronte alla bestialità della guerra: «Signore fermaci!». È il respiro del Vangelo.