Se vi dico Mozambico che vi viene in mente? Niente. Eppure missionari francescani italiani sono presenti dal 1950 in queste terre ai confini del SudAfrica. Terre ricchissime di petrolio, diamanti e minerali. Dove la gente è poverissima. Uno dei paesi più poveri al mondo.
Perché non stava a casa? Che ci faceva una suora comboniana di 85 anni, Maria De Coppi, in quella terra violenta, ostile, mussulmana tra persone senza speranza che hanno sofferto l’ingiustizia del colonialismo, la guerra dell’indipendenza, l’ inumana ideologia maoista, il terrorismo jihadista ed infine la tragica ed inutile guerra civile con più di 500 000 morti, fame; 2 milioni di rifugiati nei campi Onu nei paesi vicini e 4 milioni di fuggiaschi sempre minacciati dalla carestia.
Se nella notte la missione era stata avvertita dell’attacco, e sapevano dell’attacco terroristico , e avevano inviato messaggi commoventi anche in Italia che lasciavano temere il peggio, la suora missionaria perché non è fuggita da Chipene, una parrocchia senza strade asfaltate, afflitta da fame, ignoranza, guerra e inondazioni? Cosa c’era da salvare ? Che senso ha oggi una missione? Perché si va in missione? Perché la Chiesa oggi fa ancora missione? Forse per conquista territoriale o numerica? Oppure per il potere ? O, forse per il prestigio internazionale o per colonialismo culturale o spirituale? Per dirla semplice la domanda è perché quella suora non è fuggita ed è stata uccisa. Che senso ha nel 2022 una missione? Ci sono cento modi per descriverla. Anche perché oggi, l’evangelizzazione (che è un altro nome della missione) è un’attività molto ricca e variegata nelle sue forme. Senza cercare una definizione scolastica preferisco descriverla con molteplici battute. La missione è la gioia di credere ancora nella “buona novella” “… vi annunzio una grande gioia, oggi è nato un salvatore che è il Cristo Signore” (Lc 2, 10-11).
Perché oggi 450mila persone, non solo giovani, (+ 34mila nel 2022) vivono da missionari nei paesi più poveri del mondo? Che senso ha ? La missione è la gioia di conoscere Dio come Padre e annunziare agli altri, come gli Apostoli, la persona e l’opera di Gesù Cristo “E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 14-16).
La missione è credere che Gesù è morto “uno per tutti” (2 Cor 5, 12), anche per coloro che non lo sanno. La missione è seguire le orme di Maria, che ben sapendo di portare nel suo grembo il Salvatore del mondo “si mise in viaggio verso la montagna e raggiunge in fretta una città di Giuda” (Lc 1, 39).
Missione è portare al mondo il fuoco che Gesù Cristo ha portato sulla terra e desidera che sia quanto prima acceso (cfr Lc 12, 45). La missione è portare la luce che è Gesù Cristo, “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). La missione è portare al mondo l’acqua che dà la vita “ chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete” (Gv 4, 10.13). Come dice Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Redemptoris missio: “La missione, deriva dall’esigenza profonda della vita di Dio in noi” (RM 11). La missione è dare la vita per la salvezza del mondo, essere testimoni fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). La missione vuol dire coraggio, come san Paolo: “Non aver paura”. La missione porta la salvezza: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?” (Rom 10, 13-14).
Le vie della missione possono essere diverse: certamente “si sta affermando una coscienza nuova: cioè che la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali” (RM 2). Non mancano difficoltà e sfide ma la coscienza missionaria sta maturando. Solo grazie a Papa Francesco la Chiesa ha compreso che è una arroganza inopportuna il pensare di avere una fede superiore e il desiderio che altri abbandonino la propria religione per accettare la nostra. La missione come evangelizzazione verso persone che hanno altre religioni sarebbe un non riconoscere la legittimità della loro via e credersi superiori. Rimane allora vivo il grande mandato missionario di Gesù: ” Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.” ( Matteo 28,18-19). Vale la pena morire per questo annuncio del Vangelo ? Per formare nuovi discepoli di Gesù ? Secondo suor Maria De Coppi e i 25 missionari che muoiono ogni anno nel mondo, evidentemente si. A lei va il mio rispetto e la mia preghiera.