La bambina argentina il 20 marzo 2011 ebbe un forte mal di testa che continuò per una settimana, poi si manifestarono febbre, vomito, disturbi comportamentali e della parola. Lo stesso giorno fu ricoverata d’urgenza a Paraná. Secondo quanto riportato in documenti vaticani, dopo gli esami e le cure del caso, fu formulata la diagnosi di “encefalopatia epilettica ad insorgenza acuta, con stato epilettico refrattario ad eziologia sconosciuta”. Dal pericolo di morte imminente alla completa guarigione: è la storia, che risale al 2011, di una bambina argentina che allora aveva undici anni. Un miracolo per la Chiesa cattolica, attribuito all’intercessione di Giovanni Paolo primo (al secolo Albino Luciani), Papa per soli 33 giorni, dal 26 agosto al 28 settembre 1978, quando morì nel Palazzo Apostolico, ufficialmente per infarto miocardico acuto. Proprio il riconoscimento di quel miracolo ha dato il via libera alla beatificazione, che avverrà oggi in Vaticano, del Pontefice che i cardinali avevano eletto in Conclave dopo la morte di Paolo VI e che, da pastore, con stile sobrio, aveva sempre manifestato attenzione per gli ammalati, per i poveri e per il mondo operaio.Chissà se quel sabato di 44 anni fa, con gli occhi alle navate e agli alti soffitti di San Giovanni in Laterano, Albino Luciani ripensò per un attimo alle montagne di casa sua. Chissà se mentre entrava in processione in Basilica il 23 settembre 1978, per la presa di possesso della Cathedra del Vescovo di Roma, ricordò i tetti spioventi di Canale d’Agordo. Magari senza malinconia, piuttosto come un uomo innamorato della Provvidenza. Che oggi diventerà beato. Ieri , tra le centinaia di fedeli arrivati nella Cattedrale romana da tutta Italia, per la veglia in preparazione alla beatificazione di Giovanni Paolo I, anche tanti giovani. Come i ragazzi di Vittorio Veneto, in città da giovedì scorso insieme a don Luca, per un campo sulle orme di papa Luciani. Lui che per più di dieci anni fu pastore della diocesi veneta. Accanto alle sedie del gruppo, seduto ai primi posti, sono poggiati gli zaini per il cammino. Quando inizia la preghiera, gli sguardi si fanno più attenti, fissi sulla lampada accesa che entra in processione lungo la navata, simbolo della Parola che si fa strada verso il centro.
Penso che oggi Luciani guardi le cose da lassù ripetendo ancora quello che disse nel 1959 quando veniva consacrato vescovo. Questa è la stoffa della vita cristiana che ha insegnato simpliciter et naturaliter anche a me, e la storia per la quale oggi sono piena di gratitudine: «Sto pensando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango della strada e li mette in alto, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, del lago e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema. Certe cose il Signore non le vuole scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura nella polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia bene chiaro che tutto è opera e tutto è merito del solo Signore. Io sono il piccolo di una volta, io sono colui che viene dai campi, io sono la pura e povera polvere; su questa polvere il Signore ha scritto… Se qualche cosa mai di buono salterà fuori da tutto questo, sia ben chiaro fin da adesso: è solo frutto della bontà, della grazia, della misericordia del Signore».
Tra i testimoni presenti alla veglia, padre Juan José Dabusti, sacerdote dell’arcidiocesi di Buenos Aires che ha impetrato il miracolo per l’intercessione del beato a favore di Candela Giarda. «Ho pregato il Papa, – ha detto padre Dabusti, – perché sin da subito ha avuto a che fare con la mia vocazione». Da suor Margherita Marin, delle suore di Maria Bambina, il racconto degli ultimi attimi di vita di papa Luciani: «Eravamo nel salottino con la porta aperta, e lui, dopo averci già salutato, si è girato ancora una volta e ci ha salutato di nuovo, con un gesto della mano, sorridendo…». Poi Lina Petri, nipote del Pontefice veneto, ha messo in luce la grande sobrietà, ed estrema semplicità di suo zio. Non è un caso che per motto episcopale papa Luciani avesse scelto la schiettezza della parola “Humilitas”, così legata alla terra e al prostrarsi. «Umiltà! Egli nella sua vita ha saputo vivere autenticamente la virtù dell’umiltà, come dono dello Spirito, che gli ha permesso di fare spazio a Dio» Uno spazio che ha donato senza riserve, per il tempo del suo brevissimo pontificato, alla sua diocesi di Roma.