ROMA – A 6 anni di distanza dal primo dei forti terremoti che sconvolse per mesi l’Appennino centrale, il futuro delle comunità colpite è ancora incerto, in territori che, tuttavia, possono potenzialmente avere ottime occasioni di crescita attraverso le risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). A questi comuni, infatti, sono già stati assegnati circa 133 milioni provenienti dal fondo complementare al Pnrr destinati alla ricostruzione post-sisma. E altre risorse potranno potenzialmente arrivare grazie ai bandi che si apriranno tra settembre e ottobre. Il 24 agosto 2016 un forte terremoto con epicentro al confine tra Lazio e Marche causò circa trecento vittime, sconvolgendo decine di località in quattro regioni italiane. Fu la prima di una serie di scosse. I sismografi, infatti, registrarono importanti eventi sismici anche il 26 e il 30 ottobre successivi, fino alle quattro scosse nel mattino del 18 gennaio 2017, che ebbero come epicentro la valle dell’Alto Aterno, in provincia dell’Aquila. A distanza di 6 anni è ancora lunga la strada verso una compiuta ricostruzione delle zone colpite, caratterizzate principalmente da piccoli comuni montani, che vivono soprattutto di economia agropastorale e che, come accade da anni nelle aree interne italiane, subiscono un lento ma costante processo di spopolamento. Per combattere le criticità che vivono questi territori il governo ha deciso di stanziare 1,78 miliardi di euro, parte del fondo complementare, affidati al commissario straordinario per la ricostruzione post-sisma Giovanni Legnini. La maggior parte di queste risorse è destinata ai territori colpiti nel 2016 e 2017, la restante alle zone dell’aquilano colpite nel 2009.
Il territorio abruzzese è più vulnerabile del resto del paese. Sono oltre 230mila gli abruzzesi, infatti, che vivono in comuni classificati come zona sismica 1, quella in cui la probabilità che capiti un forte terremoto è più elevata. Si tratta di circa il 18% dei residenti della regione. Una quota molto più elevata rispetto alla media nazionale, che si attesta al 5% circa [mappa comune per comune]. Le zone colpite nel 2016 e 2017 sono principalmente aree interne, spesso poco popolate. Nel 2021 i residenti dei 23 comuni abruzzesi coinvolti erano 97.651 (di cui però più della metà nel comune di Teramo). Nel 2015 erano 104mila [mappa dei crateri]. Lo sciame ha coinvolto in Abruzzo circa 43mila famiglie in 356 località diverse, intendendo tutte le frazioni e i centri abitati [tabella con tutte frazioni comunali dei 23 comuni coinvolti].
Accanto al dramma delle vittime, il sisma ha avuto un impatto anche sul tessuto sociale dei territori colpiti, spopolamento ed economia. In aree interne come queste, la posta in gioco è soprattutto quella di garantire la sopravvivenza delle comunità che ci vivono. Il rischio di spopolamento, già presente in territori isolati e periferici, diventa ancora più concreto dopo eventi di questo tipo. Nei comuni colpiti dalla sequenza del 2016-17, la popolazione è calata mediamente del 6,24% tra 2015 e 2021, una quota che sfiora il 10% in quelli del cratere seguito al sisma di agosto. Si tratta di un dato superiore rispetto al calo medio registrato a livello regionale (-3,38%) e nazionale (-1,76%) [grafico sullo spopolamento]. Tendenze su cui è cruciale anche il ruolo del tessuto sociale, economico e culturale. Nei 23 comuni abruzzesi che hanno registrato danni strutturali, prima del sisma – in base ai dati del 2014 – operavano 7.362 imprese, per un totale di 22.254 addetti. Concentrate principalmente nel comune di Teramo (4.430 imprese con quasi 14mila addetti). In questo senso, un ulteriore elemento da considerare è che in Abruzzo il sisma del 2016-17 ha colpito territori fortemente vocati all’agricoltura. Nel 2010, erano infatti oltre 5mila le aziende agricole nei comuni coinvolti, con un’incidenza nel cratere abruzzese di 3,7 imprese per chilometro quadrato e di 5,2 ogni 100 residenti. Un dato, quest’ultimo, superiore alla media nazionale (2,7), che in alcuni comuni raggiunge quote anche superiori, in particolare in tre comuni della provincia di Teramo: 14,7 a Castel Castagna, 13,9 a Cortina e Tossicia (tutti e 3 in provincia di Teramo) [grafico su aziende agricole]. Si tratta di aziende agricole diffuse sul territorio, spesso di piccole dimensioni, a conduzione diretta del coltivatore nel 98,8% dei casi (contro il 95,4% medio nazionale nel 2010). Del resto, già prima dell’emergenza i comuni abruzzesi del sisma 2016 registravano un livello medio dei redditi mediamente inferiore rispetto alla media nazionale. Nel 2015 solo Teramo, con 19.829 euro di imponibile Irpef per contribuente, si avvicinava alla media nazionale. Mentre molti comuni registravano valori inferiori ai 15mila euro, in particolare Castel Castagna e Cortino (Teramo), Farindola (Pescara), Rocca Santa Maria e Valle Castellana (anche questi ultimi nel teramano). [grafico sul reddito]
Dati che evidenziano la necessità di investire risorse sui territori colpiti dal sisma. Aree spesso periferiche e socialmente ed economicamente più fragili già prima del terremoto, ma anche con forti potenzialità inespresse. Ad oggi l’analisi sulla distribuzione territoriale dei fondi per la ricostruzione derivanti dal fondo complementare è ancora parziale. Ciò perché molti bandi devono ancora essere pubblicati. Sono però già “territorializzabili” in Abruzzo circa 308 milioni di euro, di cui 133 assegnati ai comuni che sorgono nei crateri originati dagli sciami sismici del 2016-2017. Il territorio che finora ha ricevuto più risorse è quello di Montereale (L’Aquila). A questo centro sono stati assegnati infatti circa 28,8 milioni di euro. Al secondo posto troviamo invece il comune di Teramo beneficiario di risorse per circa 27 milioni. Al terzo posto, molto distanziato, c’è invece il comune di Montorio al Vomano (Teramo) finora beneficiario di circa 5,8 milioni [grafico riparto delle risorse]. Per quanto riguarda le aree di intervento finanziate, la quota di risorse più significativa riguarda la manutenzione di strade statali (43,2 milioni di euro). Il secondo intervento più rilevante è invece quello legato alla rigenerazione urbana (25,5 milioni). Quote significative di risorse infine sono state assegnate per interventi su sentieri, percorsi e campi sportivi (19 milioni) e per la rifunzionalizzazione degli edifici (17,7 milioni). [grafico aree di intervento]
Le risorse del Pnrr possono potenzialmente rappresentare una grande opportunità di rilancio, non solo per i territori sin qui trattati ma per tutte le aree terremotate del centro Italia. Da questo punto di vista, nelle ultime settimane ci sono state delle novità. È stata annunciata infatti la pubblicazione di diversi bandi. La maggior parte punta a sostenere l’imprenditoria locale. Tra i finanziamenti appositamente pensati per il sostegno del sistema produttivo, quello più consistente riguarda gli investimenti di media dimensione (110 milioni) con cui si mira a incentivare progetti di ricerca e sviluppo, tutela ambientale e per l’applicazione dell’economia circolare al settore edile. Altri 100 milioni sono stati destinati a favorire la nascita di nuove microimprese o a sostenere lo sviluppo di quelle già esistenti. Ottanta milioni sono poi dedicati a investimenti di grande dimensione con cui si punta a incentivare programmi di sviluppo industriale, per la tutela ambientale oltre che per lo sviluppo di investimenti per attività turistiche e culturali [grafico risorse assegnate con bandi di recente pubblicazione]. Tra i bandi di recente pubblicazione, però, quello più consistente non è espressamente dedicato al rilancio dell’imprenditoria. Si tratta infatti della gara per la progettazione e ricostruzione di 227 scuole. In questo caso specifico, è già possibile sapere quante risorse sono riservate regione per regione. All’Abruzzo sono stati assegnati in totale 201 milioni di euro per interventi su 48 plessi scolastici.