Nel nostro tempo quel “paganesimo di ritorno”, o meglio quel secolarismo culturale che attorno alla metà del Novecento si affacciava soltanto sulla scena, ora non solo si è pienamente realizzato, ma ha anche cominciato a mostrare i segni del suo logoramento. Uno di questi segni più palesi, specie a livello giovanile, è la ricomparsa del “sacro” prevalentemente nella forma del soggettivismo spirituale, una ricerca spirituale radicata nell’incredibile bisogno di credere che si manifesta in mille rivoli ancora scomposti, però cifra della dimensione sempre crescente del bisogno di senso che “circola”. Intrecciato strettamente con il desiderio di senso. Una necessità antropologica, pre religiosa, destinata a scontrarsi con l’ambiguità del reale, che la minaccia e la mette addirittura in scacco. Tra i giovani c’è sempre stata la facile oscillazione tra l’entusiasmo/fanatismo e il disincanto/depressione, fino al nichilismo. A cui i vecchi come me non hanno mai saputo dare risposte vere oltre avviare “sterili” percorsi formativi, in cui l’adolescente sia accompagnato a gestire il suo bisogno di credere.
La pandemia ha riaperto in tante persone domande sul perché della vita, sul significato del mondo, sul senso della morte. Si è riacceso in tanti un interesse per l’arte e la letteratura come ricerca della bellezza e come possibilità di riflessioni esistenziali. Si sono riscoperti i valori delle nostre relazioni. Questo ha approfondito in alcuni la religiosità che già vivevano, in altri si sono aperti nuovi orizzonti da esplorare. Purtroppo “dense nubi” oscurano ancora il “nostro tempo”. E’ il “buio che fa paura a tutti”, paure, ansie, dubbi di questi ultimi anni non si sono dissolti. Eppure tanti giovani sono in preghiera per il bisogno intenso di un incontro bello e della parola di un Padre, che annunci loro che il Signore Gesù può farci vivere ancora una volta l’esperienza gioiosa della Risurrezione. Pronti a gettare le reti e a seguire Gesù. Come dice Francesco possono esserci alcuni momenti duri della nostra vita, momenti di prova in cui ci sentiamo nudi, inermi e soli, momenti in cui proviamo paura. Non bisogna vergognarsi di dire: ho paura del buio! Ma, tutti noi abbiamo paura del buio. Le paure vanno dette, le paure si devono esprimere per così poter cacciarle via. Vanno messe alla luce. E quando le paure, che sono nelle tenebre, vanno nella luce, scoppia la verità.