Continua con grande successo il programma della 728 Perdonanza. Ma non posso dire di essere meravigliato. Tanti libri, incontri, momenti di riflessione. Tra questi una riflessione sull’umiltà e il perdono mi ha colpito ieri. Il perdono esige umiltà. E chiederlo è un’arte difficile, costa, ma è necessaria. Ed è anche un aspetto importante, il perdono, nella vita personale e collettiva. E quanto ci ricorda il Cardinale Zuppi in preparazione della visita del Papa nel capoluogo abruzzese, il 28 agosto prossimo, per l’apertura della 728.ma Perdonanza celestiniana. L’evento affonda le sue radici nel 1294, quando Celestino V, un mese dopo la solenne celebrazione che lo incoronò Papa, con una bolla, concesse l’indulgenza plenaria a quanti, “veramente pentiti e confessati”, si sarebbero recati nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio “dai vespri della vigilia della festività di San Giovanni fino ai vespri immediatamente seguenti la festività”, ossia dalla sera del 28 agosto a quella del 29. La Perdonanza venne celebrata solennemente per la prima volta nel 1295, quando già Celestino aveva rinunciato al papato. La tradizione dell’apertura della Porta Santa – posta sulla parete sinistra della Basilica – preceduta da un lungo corteo storico, è successiva. La costruzione è databile, infatti, intorno al 1397. Papa Francesco sarà il primo Pontefice ad aprirla.
Il cardinale Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. ha insistito sul risvolto umano e interiore del perdono. Proprio il perdono custodisce l’ecologia dell’anima, la buona gestione della propria interiorità, delle idee che la attraversano e delle emozioni che la percorrono. La rivalsa, lo stile vendicativo, il rancore, l’aggressività, rappresentano una patologia dell’anima, “si tratta di batteri che infettano e condizionano il modo di pensare, di sentire e di agire”, ha aggiunto il porporato, perché lì dove questi moduli cognitivi e affettivi hanno il sopravvento, “il pensiero perde la capacità di essere obiettivo in relazione a sé e agli altri, ma anche il cuore non riesce a pulsare amore, perché non lo riceve e non è in grado di trasmetterlo”. E dove il cuore non ha amore si assiste a una sorta di asfissia dell’anima, perché l’amore è l’ossigeno dell’anima. Da qui l’invito del porporato a riscoprire il perdono e la Perdonanza, e loro valenza sia nella prospettiva evangelica che sociale.
Matteo Zuppi ha evidenziato che con Francesco la Perdonanza celestiniana viene proiettata a livello planetario, poiché il Papa renderà universale “l’intuizione profetica di Papa Celestino”. “Con Francesco il tema della Perdonanza diventa centrale, perché si accorda perfettamente con il suo magistero sulla misericordia, che a sua volta è centrale nella vita e nella missione della Chiesa – ha proseguito il porporato – e diventa anche centrale nella vita e nella missione della nostra Chiesa e di questa città”. Infine L’auspicio che la Perdonanza possa far comprendere “che l’amore cambia, trasforma, ci rende nuovi e capaci di costruire un’intesa più comune con la società, più solidale, più fraterna, una terra più abitabile per tutti gli uomini, una terra per ogni uomo e a misura d’uomo”. Recandosi a L’Aquila il Papa si fa pellegrino, invitando ad essere Chiesa in uscita, a farsi prossimi. La Perdonanza celestiniana non deve essere un gesto del passato che viene ripetuto, ma un’occasione di conversione. Ricordando il viaggio di Pietro da Morrone verso L’Aquila, per essere incoronato Papa. Nella Perdonanza siamo chiamati a rivivere un pellegrinaggio, e con Papa Francesco dobbiamo offrire il nostro metterci in viaggio per ritrovare la speranza; la visita del Papa a L’Aquila deve portare ancora la Chiesa in uscita, a farsi prossimi, ad andare incontro agli altri.