L’estate rovente è entrata anticipatamente, e la storia si ripete: bisogna affrontare la prova costume. Basteranno due giornate di bici per recuperare il tempo perduto? Non dispero. Ci vuole tanta fatica ma tutti possono farcela. Anch’io. Devo Farcela. Ogni anno, poco prima dell’estate, non si parla d’altro che di prova costume. Così mi sono allenato per bene. Su e giù sul lungomare di Tortoreto, fino a Martinsicuro la mattina e a Giulianova il pomeriggio per vedere la Marini? Potei vivere senza? Grazie alla bella intuizione dell’assessore Verna – che non sono tutti arroganti, incapaci, presuntuosi e clientelari gli assessori – ho avuto l’emozione di avere “in prova”, ad un prezzo simbolico, una bici assistita. E’ stato un vero gusto. Me la sono goduta e ho deciso di comprarla. Così continuo.

Dovete capirmi. Il culto del corpo oramai  è un fenomeno a cui non si sfugge.  Non lo vedete Gianguido con la camicia stretta che accarezza la nonnetta e la bambina. Più è stretta la camicia e più voti pensa di prendere. E così ho ceduto anch’io e ora vorrei essere come loro: i personaggi dell’isola dei fratelli e i vip sconosciuti della grande casa dei trobonisti, donne che non articolano l’italiano in modo corretto, tette gonfiate a pericolo esplosione e ignoranti abissali che non hanno mai letto un libro, ma sono idolatrate dal pubblico per il loro aspetto fisico. Intere trasmissioni televisive puntano solo su gambe muscolose, braccia potenti, tette fantastiche, marmorei lati “b”  e addominali scolpiti. Che invidia naturale mentre dal terrazzo di casa vedo persone comuni – in un tentativo di emulazione – che dedicano gran parte del loto tempo libero alla “manutenzione” del proprio corpo. Il lungomare è pieno di persone impegnate in attività sportive per l’abbellimento del proprio corpo e uso di prodotti cosmetici. Ovunque persone con piercing e tatuaggi, evidenti segni di interventi di chirurgia plastica, accurata scelta dell’abbigliamento volta ad evidenziare peculiari caratteristiche anatomiche, con copiosa diffusione in rete delle rappresentazioni iconografiche. Molti si supportano nel basso ventre con ampi ed essenziali pugni di ovatta…ma poi che delusione . Diciamolo alle milf poco accorte.  Molti prendono il vestito a buffi che tanto è solo l’abito a fare il monaco. E va bene così nella giostra del falso.

E i brutti? I grassocci e grassottelli? Le signore con un po’ di smagliature o cellulite? Quelle con qualche peletto in più? E il giovanottone con le maniglie dell’amore? Quella con le gambe storte o troppo magre? Sopravvivranno? L’alluce valgo che schifo. E quelle senza tette ma che campano a fare? E non parliamo poi degli handicappati che  dovrebbero stare solo a casa che rovinano la serata. Certo cade in errore chi pensa che prestare attenzione alla bellezza e alla forza dei corpi rappresenti solo uno scivolamento nel frivolo. Non lo è affatto, c’è uno stretto rapporto che intercorre tra corpo e salute e non solo secondo il noto motto di Giovenale: Mens sana in corpore sano. Ma non dovrebbe diventare un’insana e maniacale ossessione, una vuota e fugace rincorsa dell’effimero, figlia di un edonismo malato. Capisco che in un contesto che impone la cultura dell’apparenza il culto del corpo si imponga. Ma la spiaggia che c’entra. In quello che è lo spazio più libero, popolare e democratico che esista cosa c’entra “la prova costume”, questo imperativo ripetuto e compulsivo si traduce in ansia. “Prova” di che? Il corpo scoperto diventa bersaglio di un impietoso sguardo autocritico, il tempo lieto della vacanza in spiaggia si trasforma nell’incubo di innumerevoli occhi puntati su cuscinetti e smagliature e chissà quant’altro. Avere la cellulite è un dramma, mostrare le rughe è imperdonabile. Essere sovrappeso non è una caratteristica come un’altra, ma una colpa.
Non più solo truccare o indossare, ma levigare, rassodare, rimpolpare, asciugare, rimodellare. Bisogna costruirsi un seno più voluminoso, un sedere più alto, un girovita più sottile, gambe più toniche, labbra più turgide, zigomi più pronunciati, capelli più lucenti, ciglia più lunghe, sopracciglia più corte, palpebre più lisce, nasino alla francese; bisogna eliminare ogni accenno di pancia, ogni larva di pelo, ogni fantasma di ruga. Sono previste infiltrazioni di collagene anche sulla pianta del piede per potersi permettere calzature dai tacchi vertiginosi, scomodissime ma sexissime. Tutto questo rischia di privare di significato i rilevanti spostamenti simbolici che i femminismi han prodotto nella modernità. Rende difficile concepire un’idea di libertà che non sia ridotta alla libertà di vendere e comprare.

Ho l’impressione che a volte questa “prova” diventi solo uno specchio della propria fragilità, un guscio che rende prigionieri piaceri semplici, desideri veri e positive aspettative. Come l’andare al mare. Ho l’impressione che a volte scegliendo un bisturi per migliore invece che un libro, un film, una serata in allegria, si entri in un circo dove conta solo l’apparire, in cui trionfa l’effimero, il falso, il costruito, un falso privo di costrutto, dimenticando che i segni del tempo sono frutto di esperienza e non nemici immaginari da combattere. Nasce così l’ansia da spiaggia. Poi l’ansia da cena. Poi l’ansia da festa. Poi l’ansia da tutto per cui non siamo mai come vorremmo e questo processo comporta un crollo dell’autostima e la tendenza a preoccuparsi o addirittura vergognarsi del proprio corpo. Ma è davvero importante la prova costume?  Non so. Forse no. Sono così vitali per noi le regole dell’apparenza, tanto da farci sopraffare. Forse no. E comunque ora me ne vado a prendere una buona pizza  indipendentemente dalla prova costume. Indipendentemente dagli altri. Però ci vado in bici elettrica così dimagrisco.