Anche se a volte mi hai tradito. Anche se mi hai fatto arrabbiare. Anche se mi hai illuso, io ti amo. E la sola attesa di questi giorni mi ha fatto stare male. Ma quanto ti amo. Solo per vedere te ho preso un volo della Wizzz aerlines senza avere la certezza di atterrare a Tirana. Solo per abbracciare te ieri sera ha provato a mangiare, senza riuscirci, la carbonara con lo yogurt del ristorante “italiano Nikolhejew”. Forza dateme un bastone che je devo da menà non per i soldi che ci ha rubato ma perchè ha proferito invano la parola sacra “carbonara” . Lo perdono, oggi sono qui in questa landa che di buono ha solo le cameriere carine e le commesse discinte che impazziscono per gli italiani, solo per gridare forte forte il tuo nome “grazie Romaaa”. Sono famiglia e sono qui dove non sarei mai venuto per nessuna altra ragione. Dimmi cos’è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo, che batte forte, forte, forte in fondo al cuore, che ci toglie il respiro…e ci parla d’amore.
Mancano poche ore al grande match contro i figli ubriaconi molesti delle tribù barbare di Teodorico del Feyenoord Rotterdam che mangiavano patate crude lungo il fiume Reno, quando nel 50° a.c. l’Imperò gli portò bagliori di civiltà. Giulio Cesare avrebbe dovuto spazzare via per sempre la Limes Germanicus. Ma voleva scrivere il “De bello gallico” e gli insegnò a coltivare i fiori e l’agricoltura. Mancano poche ore al grande match . Ed è un march che vale una stagione. E’ il giorno dei giorni e noi romanisti dobbiamo soffrire. Siamo abituati. C’è grande attesa per la sfida, ma anche un bel pò di delusione e amarezza per i tanti che non hanno potuto seguire la squadra in Albania. Inevitabile con uno stadio da soli 20mila posti . Impossibile però non rimanerci male. Roma intanto si è colorata di giallo e rosso. E’ lo spettacolo delle grandi occasioni: molto molto di più di quanto è accaduto prima del match casalingo contro i pollastri del BodoGlimt. Ora tocca a noi far sentire il sostegno alla squadra con bandiere e sciarpe al vento, i cori e tanti fumogeni a creare un clima mozzafiato. Sono un tifoso. Anzi come dice il condottiero José Mourinho Félix Massimo Meridio “Sono famiglia” . Tocca a me far sentire il supporto alla squadra, non criticare, blaterare, lamentarmi e protestare. Sono famiglia, tocca a me esserci per dire “grazie Roma” e caricandola ulteriormente per questo grande match. Perché meravigliarsi se Nietzsche scriveva “Il tifoso è un bimbo che vuole giocare”. Il tifoso vuole solo vincere, non giocare. Dunque liberate i leoni. Il dado è tratto.
Oggi sono qua a Tirana per fremere per la mia squadra, tornare a vivere quella sensazione netta, chiara, forte che si ha quando si spera che quella punizione di Pellegrini entri. Sperare in Tamaraebi Bakumo Abraham, con il suo colpo di testa. E davanti a me ci sarà il sempiterno Franciscus VIII Re di Roma. Sono qui con la certezza che quello stadio, tutto in piedi, venga giù per la gioia. Io dentro. Io li. Tra mille bandiere e sciarpe finalmente al vento come una volta. Tutti in piedi lì in un unica speranza con un unico brivido. Gridando, cantando, sudando, applaudendo felici e disperato dietro quel pallone. E nessuna paura, solo felicità, per tutte le volte che la vittoria ci ha reso felici. Però poi magari si perde. Allora io voglio gridare ancora più forte E magari pensare “Basta non ci vengo più”. Ma poi va bene lo stesso. La prossima volta saremo ancora qui. Per amore.
Quella stella grande grande in fondo al cielo
Che brilla dentro di te
E grida forte, forte dal tuo cuore