“Siamo cadaveri che camminano”. Sono parole impossibili, che descrivono una situazione contro la logica e contro la natura. Eppure, sono diventate parole profetiche: una raffigurazione dettagliata di un dramma che ha segnato nel modo più brutale la storia italiana. Un dramma che solo negli anni ’80 ha provocato più di 1000 morti, e che era solo solo l’inizio del periodo delle stragi che ha coinvolto molti uomini delle istituzioni, pronti a sacrificare tutto – nel senso più letterale della parola – per combattere la mafia. Un boato. Una voragine in mezzo all’asfalto. E intorno le schegge, i rottami esplosi, di un’auto. Era il 23 maggio. Un boato che avrebbe risuonato in tutt’Italia, replicato poche settimane dopo, il 19 luglio, da quello che avrebbe fatto identico scempio di un altro giudice. Sono passati esattamente 30 anni da allora. Falcone e Borsellino e Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, i loro uomini che non sono stati dimenticati. In tutta Italia si moltiplicano le iniziative da giorni e per più giorni che coinvolgeranno tutto il Paese. Quest’anno ricorre il trentennale delle stragi di Capaci e di Via d’Amelio, in cui persero la vita Falcone e Borsellino, e che ormai sono diventati cupi emblemi di una stagione drammatica, le cui propaggini non risparmiano nemmeno i giorni nostri. E questa ricorrenza è un’occasione preziosa per ricordare, traendo forza e ispirazione dall’esempio di chi ha immolato la propria esistenza per sconfiggere Cosa Nostra.
Certo, lo sappiamo, ci saranno quelli che “non hanno tempo”. Ci saranno le dirigenti che si lasceranno prendere dalla invidia e negheranno agli studenti la possibilità di sapere e conoscere l’Italia più bella. Ma certo lo sappiamo ci sono quelli “se me lo dicevi prima” e quelli “io avrei fatto meglio” peccato che non fanno niente. Ma certo lo sappiamo ci saranno quelli che “se non ci sono io non partecipo” . Ci sono quelli che si intestano cose che fanno altri. Ma certo lo so, l’ho sempre saputo, ci sono quelli che credono di usarti per sembrare belli, buoni e bravi. Sono gli stessi che 30 anni fa con il loro silenzio, la loro vita in ginocchio, la loro testa bassa furono complici della mafia. Ma la realtà vera, la verità che conta, oggi, è che più di 3000 Comuni, scuole, istituzioni lunedi 23 maggio, mattina, pomeriggio o sera, e in questi giorni, celebreranno la memoria di questi eroi attraverso un vero e proprio percorso infinito della memoria che ricorderà magistrati, poliziotti, carabinieri, sacerdoti, uomini che non hanno piegato la fronte, gli uomini che si sono adoperati con interventi legislativi e con indagini coraggiose, e che hanno pagato con la vita, lasciando tuttavia un segno prezioso e importante. Nomi che sono diventati simboli della lotta alla mafia e del sacrificio di tante persone. Nomi che parlano di dolore, ma anche di speranza: perché se è vero che la tragica previsione di Cassarà si è avverata, è anche vero che i rischi e il sangue non sono mai bastati a scoraggiare questi uomini pronti a tutto pur di non arrendersi alla mafia. Anzi, il 23 maggio è diventata una data incancellabile per gli italiani. La rapida quanto disumana sequela criminale, è iscritta oramai con tratti forti nella storia della Repubblica e fa parte del nostro stesso senso civico. Un assassinio, a un tempo, che ha segnato la morte di valorosi servitori dello Stato, e l’avvio di una riscossa morale, l’apertura di un nuovo orizzonte di impegno grazie a ciò che si è mosso nel Paese a partire da Palermo e dalla Sicilia, grazie alla risposta di uomini delle istituzioni, grazie al protagonismo di associazioni, di giovani, di appassionati educatori e testimoni di tutta la comunità della scuola italiana che è lo strumento più forte e potente che abbiamo per combattere criminalità, le mafie e per costruire giorno dopo giorno la cultura della legalità. Oramai non è più solo difficile, è diventato impossibile rimuovere dalla memoria quel 23 maggio e quel 19 luglio. Per questo è importante un percorso della memoria: per non dimenticare chi, col suo sacrificio, ha fatto la differenza, credendoci ancora e ancora quando tutto sembrava volgere al peggio. Del resto, è stato proprio Falcone a dire “Gli uomini passano, le idee restano. Continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”.