Il racconto biblico di Davide contro Golia tratto da Samuele cap. 17 nell’Antico Testamento è il filo conduttore dell’ultimo libro di M. Gladwell “I piccoli che possono sconfiggere i giganti che poi così giganti non sono”. Il grande scrittore americano prende spunto dal racconto biblico di Davide che affronta Golia, raffigurato da innumerevoli pittori e scultori affascinati dalla figura dell’audace fanciullo che armato di sola fionda affronta il temibile gigante. “Un ragazzo fulvo di capelli e di bell’aspetto” lo descrive la Bibbia e come un giovinetto avvenente lo raffigura lo scultore fiorentino Donatello nella celebre statua in bronzo al Museo del Bargello. La Bibbia racconta che un popolo aggressivo, i Filistei, aveva occupato una parte della Palestina e ne era nata una guerra con il popolo di Saul re di Israele. Fu deciso di risolvere la guerra in un duello tra un rappresentante dei Filistei e uno del popolo di Saul. Nessuno osò proporsi come sfidante del campione filisteo, il terribile gigante Golia alto “sei cubiti e un palmo” e armato di armi poderosissime; l’unico fu Davide, pastorello abile nella parola e fiducioso nella forza della sua fede. L’esito dello scontro sembrava scontato, ma il pastorello aveva la sua fionda e con un sasso riuscì a colpire Golia e quindi a ucciderlo, mozzandogli la testa con la sua stessa spada.
A mio avviso, anche in questo momento storico si assiste a una sfida tra un ‘Golia’ che guida una nazione potente per fonti energetiche e forze militari e un ‘pastorello’, l’Europa (e con essa l’Italia), che ha peso economico e culturale, ma che è, e resta, dal punto vista politico e militare, un peso leggero. E ciononostante osa prendere parte alla sfida di questo Golia, sotto istigazione e pressione di altri potenti, i quali, ricchi e incuranti dei danni che questa guerra per procura, come tutte le guerre, procurerà e sta già procurando all’Ucraina e all’intera Europa. I Golia a stelle e striscie vogliono abbattere il Golia rosso in una guerra detta by proxy (in italiano, ‘per procura’). Vogliono ‘vincere’ sul cattivo Golia ignorando le ragioni della guerra e senza sporcarsi troppo le mani, o rischiare di avere vittime in casa propria. E e perciò pagano (in linguaggio più diplomatico: aiutano). Ma Davide, questa volta, è destinato a finire malconcio.
Infatti, mentre nella Bibbia Davide rifiuta le armi di Saul e va incontro al gigante con la sua fionda, l’Europa, nella azzardata metafora, oscilla indecisa sotto pressioni esterne invece di manovrare con convinzione la ‘fionda’ della sua cultura, quella con cui nei secoli ha indicato percorsi di civiltà a tutto l’Occidente, percorsi faticosi e contraddittori, attraverso i quali, negli ultimi decenni, si era realizzato il ‘miracolo’ di una pace europea quasi perfetta. La cultura è la vera ‘fionda’ che l’Europa può e deve usare per trovare un suo ruolo e una sua dignità nella sfida lanciata dal cattivo Golia, il filisteo che ha invaso l’Ucraina. È avvilente che anche l’Italia accetti una posizione, che direi subordinata, in una guerra che interessa i potenti occidentali a cui fa comodo un Golia invasore fiaccato, impoverito, demonizzato da una lunga guerra .
Davide, l’occidente, la nato, l’America l’Europa, non hanno interesse a diffondere un messaggio di cultura, di pace, richiamando l’uomo a essere un uomo e non un animale feroce. E la guerra si allunga sulla pelle di un popolo affamato, stremato. La cultura non vuole ‘vincere’, una parola vergognosa, direbbe papa Francesco, e tantomeno fare guerre, vuole veleggiare nel mare burrascoso dei violenti, dei dittatori per alzare la vela della ragione che è quella della pace. La civiltà nasce solo dalla lotta contro i nostri istinti animali di sopravvivenza dell’individuo e della specie. La civiltà è una lotta contro noi stessi e questa è la vera grandezza dell’uomo, chiamata solidarietà, comprensione delle ragioni dell’altro e amore per gli altri. Alcuni versi di un grande poeta, Pablo Neruda, ci ricordano questo amore per l’altro e sono quasi una preghiera: «spesso un abbraccio è togliersi un pezzettino di sé e donarlo a un altro affinché continui il proprio cammino meno solo». Essi contengono un richiamo alla solidarietà che è condivisione di beni in nome dell’uguaglianza nella diversità. Ben diverso da donare armi affinché l’altro sia più potente nel difendersi e nell’uccidere.