Due anni di chiusure hanno pesato, tanto, in tutto il mondo. Ma soprattutto sull’economia di una città che vive di pendolari, tran tran, baretti, ristoranti, turisti, una città sborona dove si va per comprare, per spendere. Una città dove i cinghiali oramai fanno parte dell’arredo urbano della zona nord – la vecchia zona “bene” – sporca, ingolfata, ministeriale, spenta, grigia, privata della notte che faceva ‘nnamorà milioni di turisti ogni anno. Oggi però, per un po’, la Capitale non ha più bisogno di un nuovo sindaco: ha trovato un imperatore. José Mourinho in giallorosso è uno e trino: un colpo mediatico, un matrimonio perfetto si è dimostrato quello che poteva essere un possibile disastro per tutti
Roma non ha più bisogno di un nuovo sindaco: ha trovato un imperatore. O se volete buttarla sul religioso, un terzo papa, straniero pure questo, amato come Bergoglio, odiato come il tedesco. Il colpo nella coppetta della Conference League è da ko, su un ring nel quale l’Italia è assente. E annuncia una stagione di serie A in cui non balzelleranno più solo l’Inter cinese, con la Juve alle corde e il Milan arabo. Roma già sogna da stanotte una squadra che strappa lo scudetto, si prende il pallone e pure l’album dei ricordi. E stato lui, il profeta che ha sollevato la reliquia del triplete. E’ merito suo, il santo patrono che scende tra modesti giocatori da metà classifica e cambia la mentalità e la città che è impazzità. E’ lui, il mago , l’unico arrivato in quattro finali di quattro tornei diversi, lui che ha ereditato un gruppo modesto e ora evoca vittorie in campionato e dopo i bastardi della Lazio e i figli di albione del Leicester invoca il “non c’è due senza tre”. Lui ha cambiato tutto. La Roma che ha odiato l’americano Pallotta, da ieri adora il suo connazionale Friedkin, un decisionista, un uomo forte che ne ha portato un altro: l’uomo forte al quadrato, il sogno masochista della capitale sdraiata. Lui, Josè Morinho “lo special one” è stato una scossa di defibrillatore sul corpaccione malato, col campionato buttato ma la coppa a pochi metri. Lui che alla Roma di Ranieri rinfacciò “zero tituli”, creando una maledizione decennale che ora gli tocca sfatare. Per il tifoso è come l’avesse già fatto, perché ieri è sempre domani, fa l’amore col presente a occhi chiusi, immaginando il futuro e chiamandolo col suo nome: José! Nel tempo libero lui studia i leader: politici, religiosi, ma soprattutto criminali. Gli sussurra il Libanese: « Pijamose Roma ». Risponde sardonico: « Pijamose tutto! ». Ora non importa più se si perde ora il tifoso romanista ha fede e se spera de vive n’artro po’ .
Gli serviva dunque un teatro all’altezza delle ambizioni , e quale più di Roma? Ora una tifoseria delusa, ma con una propensione incontenibile al sogno ha un illusionista che sa farlo apparire.. Come i migliori maghi attira l’attenzione mentre le cose decisive accadono altrove. È sempre stato romano e romanista, doveva soltanto scoprirlo. Quel daje gli ribolliva dentro, stava cercando la traduzione. Riporterà il Colosseo al centro del villaggio. Nei miracoli crede fermamente, come crede in Dio, patria e famiglia. A Catania, uscendo dal campo, diede a un disabile una medaglietta della madonna di Fatima ricevuta dalla moglie e conservata per anni. Che triade: il santuario religioso, nella terra natia, consacrato dalla visita della consorte. In hoc signo vinces . Certo, nel calcio come tra persone – come insegna Verdone – l’amore è eterno finché dura.