La solita vecchia storia, la solita ridicola farsa. Si avvicina l’inverno, le previsioni meteo promettono neve a profusione addirittura tra gennaio e febbraio e come ogni anno, puntualmente, scatta il grido d’allarme per la stagione sciistica di Prati di Tivo. Cambiano coloro che lanciano l’allarme (questa volta è toccanti ai zelanti grillini) ma la sostanza è sempre la stessa: la nostra bella montagna vivrà l’ennesimo inverno senza sussulti, l’ennesimo inverno senza alcuna capacità turistica attrattiva. Poi, da marzo in poi, calerà l’oblio sulle problematiche esistenti, per ricominciare a piangere a fine maggio in vista della stagione estiva e nuovamente a novembre inoltrato in vista di quella invernale. Del resto, che la gestione dell’impianto di risalita dei Prati sia questione delicata non lo scopriamo certo ora, che il marketing territoriale promosso in questi anni dalle amministrazioni regionali che si sono succedute, di qualsiasi colore politico, sia stato prossimo allo zero, non è certo mistero. Tutti ci invidiano a livello naturalistico e paesaggistico il “Gigante che dorme”, ma, di fatto, in pochi scelgono la montagna teramana come meta delle proprie vacanze. Di questo ci si preoccupa puntualmente quando si è a ridosso delle vacanze ma mai nessuno si premura di interrogarsi seriamente e con largo anticipo e soprattutto cerca di organizzarsi per avviare una seria programmazione di rilancio della stagione invernale teramana. Certo, bisognerebbe agire anche sulla mentalità non sempre “aperta” degli operatori turistici della zona, ma è altrettanto vero che se mai si propone qualcosa di concreto e allettante, che non sia semplice pubblicità elettorale, mai si potrà raggiungere qualche minimo obiettivo. Fa male vedere che in altre località italiane del centro-sud, magari anche meno “spettacolari” rispetto al Gran Sasso, con un briciolo di buon senso e di acume politico si riesca a pianificare da anni una stagione estiva ed una invernale più che dignitose. L’Abruzzo non è altrettanto capace di farlo? La montagna teramana è destinata a rimanere soltanto quella poeticamente osannata da Ivan Graziani? Senza scomodare quelli che sono “mostri sacri” irraggiungibili come le località del Trentino o dell’Alto Adige, la classe politica abruzzese potrebbe spiegarci cosa manca al Gran Sasso teramano per competere con altre località di montagna abruzzesi per divenire meta di turismo? Sicuramente di errori politici ne sono stati fatti tanti, spesso frutto del solito familismo politico di cui l’intera regione, Teramo in primis, è affetta da decenni e che ha costretto a mettere in posti strategici legati al turismo, i soliti personaggi noti e stra-noti, privi di competenze nel settore, ma apprezzati soltanto in quanto servili portaborse. Forse, allora, è arrivato il momento di dare un segnale forte. Le elezioni regionali sono alle porte: le tante forze politiche che cercheranno gloria elettorale, pensino seriamente e si impegnino concretamente, nel proprio programma, al rilancio del Gran Sasso, indicando poche idee ma chiare, progetti realizzabili e non prese in giro e soprattutto nomi giusti e competenti da coinvolgere per far sì che un giorno, sfogliando magari un catalogo Alpitour, il lettore non salti a piè pari le pagine dedicate al Gran Sasso, ma decida di prendere finalmente in considerazione un fine anno in Abruzzo, tra mari e monti, tra cultura e tradizione.
Luigiaurelio Pomante