Si parla di genocidio. Si parla di crudeltà spaventosa e insopportabile. Si parla di massacro. Si parla di raddoppio delle spese militari. Si parla.

“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”. Cantava così Fabrizio Dè Andrè nella “Canzone del maggio” pubblicata all’interno dell’LP “Storia di un impiegato”, nel lontano 1973. Parole che, se abbiamo la capacità di non girarci dall’altra parte, toccano ancora oggi la nostra intelligenza e la nostra coscienza, e a distanza di oltre 45 anni tornano prepotentemente attuali, proprio nei giorni in cui ci sbattone in faccia gli orrori, i massacri, il dolore tutte le atrocità di una sporca guerra. Talmente tanto che le sbattono in faccia che proprio non possiamo non vedere. Però possiamo pur sempre fare finta di non sapere che questa guerra la stiamo pagando noi versando un miliardo di euro al giorno nelle casse della Russia per l’acquisto di gas e petrolio (dati La Repubblica) “Anche se provate a sentirvi assolti, siamo tutti coinvolti” .

Soffriamo tanto. Ma tanto tanto. Per i bambini innocenti,  le donne massacrate e i vecchietti di Bucha. Come no. Talmente tanto da non poter rinunciare all’auto ne alle temperature delle case a 23 gradi. Quanto soffriamo. Ma non abbastanza  da smettere di far finta di non capire che siamo noi che armiamo la Russia. E che non si è visto mai un Paese che continua ad avere rapporti commerciali così massicci con il nemico. Ma nessuno vuol sentire parlare di blocco all’import di idrocarburi dalla Russia, della riduzione dei riscaldamenti, interruzioni delle forniture alle industrie energivore, riduzione dei consumi con l’illuminazione pubblica. Altro che sanzioni.  Ieri il rublo era a 80 per dollaro, esattamente come prima dell’invasione. “Anche se provate a sentirvi assolti, siamo tutti coinvolti” .

Il dolore e lo sconcerto del popolo ucraino dovrebbe riguardare tutti noi in quanto europei. Ma non è così. Non ci sentiamo mai coinvolti direttamente, come cantava De Andrè. E non potremmo comunque sentirci assolti domani. Sappiamo cosa sta accadendo alle città assediate, sappiamo che ci sono milioni di persone a cui non arriva cibo né acqua e che non riescono a fuggire da lì, così come sappiamo delle torture che accadono nei lager libici e della tragedia dello Yemen. Così come non possiamo non sapere che la Siria è da più di undici anni ridotta a teatro di una guerra di posizionamento geopolitico che oggi si completa a Kiev, e che quel dramma è iniziato contemporaneamente all’aggressione euro-americana alla Libia. Tutti siamo coinvolti; solo nel passaggio dal voi al noi, cambia la canzone di De Andrè, perché chiunque si senta parte di una comunità, deve sentirsi in prima persona coinvolto in questa guerra.

Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare vi ha fatto chinare il mento
anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti
.

La pazzia è tutta qui: dire, dire, dire “bla bla bla” di desiderare ardentemente la pace e non essere mai pronti ad azioni concrete di pacificazione quando una guerra scoppia. “Per quanto ci crediamo assolti, siamo per sempre coinvolti”, se De Andrè fosse vivo, oggi potrebbe cantare così questa sua canzone, per farci assumere fino in fondo un senso di responsabilità personale, l’unico che ci rende veramente cittadini sovrani, così come i greci definivano lo stato democratico. Si, responsabilità per tutte le volte che abbiamo girato lo sguardo dall’altra parte. Se oggi c’è una nuova guerra nel cuore di Europa e milioni di famiglie tornano a vivere nel terrore, ad appena due giorni di pullman da Roma, non possiamo dirci solamente ‘preoccupati’ per l’escalation del conflitto, parafrasando Albert Camus, “questa pace ci riguarda “  e non possiamo stare a guardare.

Per quanto voi vi crediate assolti siamo per sempre tutti coinvolti.