Nell’ora più buia, di nuovo. La guerra. La sporca guerra, ancora una volta. Un fantasma uscito dagli armadi del Secolo che credevamo breve.  Afferra noi vivi e ci ricorda il tragico Novecento che non vuole finire. In tutta Italia, oggi, gli uomini di buona volontà, i giovani che insorgono nell’ansia con umile e libera voce, dopo molti anni tornano in piazza a chiedere la pace. Oggi intrinsecamente collegata al riconoscimento dei diritti dell’Uomo. Diritto a cui  corrisponde un fondamentale dovere: la Pace.

Oggi si tornerà  a parlare dei pericoli d’incalcolabili catastrofi del nuovo conflitto armato; del reciproco rispetto delle libertà personali e sociali, della Pace che è un bene supremo della vita dell’uomo sulla terra, un interesse di primo grado, un’aspirazione comune, un ideale degno dell’umanità padrona di sé e del mondo, una necessità per mantenere le conquiste raggiunte e per raggiungerne altre, una legge fondamentale per la circolazione del pensiero, della cultura, dell’economia, dell’arte, un’esigenza ormai insopprimibile nella visione dei destini umani.

Senza la Pace nessun progresso. Solo nel clima della Pace si attesta il diritto, progredisce la giustizia, respira la libertà. Se questo è il senso della Pace, se questo è il valore della Pace, la Pace è un dovere. È il dovere della storia presente. Chi sa riflettere sugli insegnamenti che la storia passata ci dà, conclude subito per dichiarare assurdo il ritorno alle guerre, alle lotte, alle stragi, alle rovine generate dalle armi e delle forze contrastanti fino alla morte di uomini. Chi possiede il senso dell’uomo non può non essere un fautore della Pace. E proprio perché la Pace è sempre in divenire, perché è sempre incompleta, perché è sempre fragile, perché è sempre insidiata, perché è sempre difficile noi la proclamiamo. Come un dovere. Un dovere inderogabile. Un dovere dei responsabili della sorte dei Popoli. Un dovere d’ogni cittadino del mondo: perché tutti devono amare la Pace; tutti devono concorrere a produrre quella mentalità pubblica, quella coscienza comune che la rende auspicabile e possibile. La Pace dev’essere dapprima negli animi, affinché poi sia negli avvenimenti.

Il popolo della pace, da sempre segnato da un pericoloso strabismo ha ignorato che da otto anni c’era la guerra del Donbass  come ignorò l’Iraq, come ignora la Palestinae  Però, oggi, se oggi vogliamo perseguire  e invocare la pace bisogna dire la verità: l’invasione russa è figlia anche dell’imperialismo americano. Se vogliamo essere creduti  ed ascoltati dobbiamo dire con chiarezza  come siamo arrivati fin qui, bisogna fare un passo indietro nel tempo e spiegare i rapporti tra Russia e Ucraina a partire dalla dissoluzione del gigante sovietico del 1991 fino al conflitto del 2014.

In Italia è tutto un commento. Ma nessuno spiega in occidente perché, in queste ore, dal Donbass in guerra arrivano scene di giubilo popolare. Come mai? Come mai la popolazione è scesa in strada con le bandiere russe e per una notte i botti dei fuochi d’artificio si sono sostituiti a quelli dei fucili. Come mai? Quello che i governi, e i mass media occidentali asserviti all’America non dicono è che nel 2014 in Ucraina si verificò la cosiddetta “rivoluzione arancione”. Una rivoluzione tradita. E da allora il Donbass è entrato in guerra per l’indipendenza e la riannessione a Mosca: una guerra che in otto anni ha provocato – nel più totale silenzio e nella completa indifferenza- oltre 25.000 vittime e 2 milioni di sfollati. Paradossalmente, quella che nel resto del mondo viene letta come la notizia che segna il possibile scoppio di una guerra pericolosissima, nel Donbass stesso, viene invece vista dal popolo come la cosa più vicina alla pace. Almeno la pace conosciuta negli ultimi anni. Chi avrà ragione lo scriverà la storia nelle prossime settimane.

Non ci voleva un genio della realpolitik per indovinare la prevedibile reazione di Putin di fronte alla possibile adesione dell’Ucraina alla Nato.  Non era difficile prevedere cosa avrebbe fatto lo zar Putin, il dittatore Putin, lo spietato ex capo del kgb, sospeso tra la follia neo-imperiale e la fobia anti-occidentale. Un uomo che mentre denuncia di voler denazificare l’Ucraina, descrivendola come un regime di fascisti, nazisti e oligarchi, sembra in realtà preda di un transfert assoluto perché, fascisti, nazisti e oligarchi (presenti e forti a Kiev) sono fratelli gemelli dei suoi compagni di banco oggi al potere in Russia . Del resto come avrebbero reagito gli Stati Uniti se il Canada avesse partecipato ad un’alleanza militare guidata da Putin? E d’altronde ancora ci ricordiamo come reagirono gli americani quando 60 anni fa i sovietici installarono I missili a Cuba. Si rischiò una nuova guerra mondiale. Ma in Ucraina corre il gas e c’è il grano.

Così, ora siamo a un bivio della Storia e sull’orlo di una guerra che rischia di fare migliaia di morti e lasciare senza casa 7 milioni di persone, una delle più gravi crisi di profughi che il mondo dovrà affrontare. Dietro tutto questo dolore c’è il gas. La vera ricchezza della Russia. Gli interessi degli Usa nel settore non sono certo un segreto. Questo è il grande tema dello scontro fra il Cremlino e la Casa Bianca.  Uno scontro che è il risultato della deriva sciagurata della politica internazionale e di un assetto delle relazioni internazionali che, dopo la caduta del muro di Berlino, è all’origine di tensioni e conflitti ripetuti e drammatici in quell’area del mondo. Dei due blocchi ne è rimasto in questi anni solo uno (la Nato) e questo, più che portare sicurezza, ha reso più turbolento il pianeta e ha anche alimentato le dinamiche di carattere imperiale della Russia di Putin e più in generale delle leadership nazionaliste e aggressive dell’Est Europa. Gli sceriffi degli Stati Uniti si sono incamminati sulla strada della politica di potenza e del controllo militare del mondo in una logica unipolare e aggressiva. Invece di contribuire a una transizione equilibrata e democratica nei paesi dell’Est, gli Stati Uniti e la Nato hanno giocato pericolosamente con le trasformazioni (fasciste, nazionaliste e populiste) di quei paesi, facendoli diventare avamposti militari dell’Alleanza Atlantica e iniettando dosi velenose di turbocapitalismo in società ancora fragili e devastate dal crollo del socialismo. Questi sono i risultati.