Dall’incontro regionale contro il bullismo ed il cyberbullismo emerge forte su tutte una riflessione della dottoressa Elisabetta Narciso, dirigente  del compartimento Abruzzo della Polizia postale: tra i giovani il fenomeno del cyber bullismo è una piaga.

Un’indagine di “Save The Children” sul tema “I ragazzi e il cyberbullismo” rivela che per il 78% degli adolescenti e giovanissimi italiani il cyberbullismo costituisce il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo. I social network sono i canali d’azione preferiti dal cyberbullo, che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie o sessualmente compromettenti, la divulgazione di frasi minacciose o ingiuriose, o tramite la creazione di “gruppi contro”. La diversità, nelle sue varie declinazioni, attrae i cyberbulli, giocando un ruolo primario. L’aspetto estetico, la timidezza, il supposto orientamento sessuale, l’essere straniero, l’abbigliamento non convenzionale, la bellezza femminile che spicca nel gruppo, e persino la disabilità possono essere valide motivazioni per prendere di mira qualcuno. Non sono pochi gli episodi di risentimento e di ritorsione sentimentali. Gli episodi di bullismo, con l’aiuto di un telefono cellulare e di un computer, fanno il giro del mondo in pochissimo tempo. La rete è spesso una selva oscura, ricca di angoli bui, dove l’ultima generazione, quella che è capace di dialogare con il mondo davanti allo schermo di un computer, si introduce sempre più spesso. Nella giungla dei siti, dei blog e dei video pubblicati online, si trova un mondo che va al di là dell’immaginazione. Raramente gli adulti si affacciano a controllare cosa si verifica da quelle parti.

Per l’80 per cento dei minori intervistati la scuola rappresenta l’ambiente elettivo del bullismo nella vita reale. In quella virtuale, attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di ultima generazione, la violenza aumenta perché trova eco e rinforzo. Il cyberbullismo è in forte aumento, anche tra i giovani adulti. Certo, esso trae radice da molti fattori che riguardano la famiglia, il contesto culturale e sociale, le modalità di gestione dell’aggressività e dei conflitti emotivi. I comportamenti aggressivi del bullo, sia reali che soprattutto virtuali, sono sempre intenzionali, premeditati, e la vittima, soggetto più debole ed incapace di difendersi, insultata in modo reiterato, si trasforma in individuo umiliato, spaventato, escluso ed emarginato.

Essi hanno come protagonista la violenza psicologica. Il cyberbullismo la conduce alle estreme conseguenze, perché, in assenza di feedback non verbali, scompare la possibilità di cogliere le reazioni dell’altro. L’anonimato genera un affievolimento delle remore etiche e dei sentimenti di colpa per il male che si sta facendo alle vittime, prevalentemente donne. Nella rete colgo spesso i sintomi della degenerazione di un’epoca che ormai vive oltre il senso sella privacy, ossessionata dal bisogno di condividere e di raccontarsi. I gesti di bullismo miravano alla conquista di un più elevato status nel gruppo; quelli di cyberbullismo rispondono ad un’esigenza di consenso, di condivisione, di sponsorizzazione, solo per ricevere più click nella propria pagina web. Quelli che nella vita reale potevano rimanere casi isolati, in rete rischiano di diventare la norma. Nel torbido pantano della condivisione, si immerge una materia di ambizioni, idee, paure, dubbi, violenze e pregiudizi, che sono lo specchio anonimo della società contemporanea. Tra la generazione che ha scoperto il cellulare e quella che ha fatto del virtuale il proprio reale, rischia a volte di aprirsi un abisso.

Le conseguenze del bullismo online sono più gravi e imprevedibili, tendenzialmente fuori controllo, perché nella rete le immagini, i video e le offese verbali permangono senza limiti di tempo e di spazio. Fare irruzione nella vita privata altrui, protetti dall’anonimato, rende molto difficile la reazione. Le azioni online hanno dunque effetti offline. La vittima manifesta disagio, angoscia, tormento. I sintomi sono sia fisici che psicologici: l’isolamento, la paura, la compromissione del rendimento scolastico, il rifiuto di recarsi a scuola. Viene erosa anche la volontà di aggregazione e di partecipazione ad altre attività sportive, ludiche o di socializzazione.

Gli strumenti normativi ci sono dice il dott. David Mancini, Procuratore del Tribunale dei minori per l’Abruzzo. Ma le norme, pur importanti se colmano un vuoto, rischiano di non essere utili se l’educazione, nelle famiglie e nelle scuole, disattende il suo compito. Il codice della strada è poco utile a chi si ubriaca tutti i giorni. Bambini e adolescenti bulli sono lo specchio di una gioventù spesso lasciata sola a se stessa, con genitori che talvolta non hanno tempo per educare davvero, tra lavoro e impegni personali, e strumenti che stanno sostituendo pian piano la bellezza dello stare a tavola e dialogare e confrontarsi. Non è una condanna ai social network, che sono una delle invenzioni più belle e utili dei nostri anni, ma una critica al loro uso distorto e spregiudicato. I genitori e la scuola siano sentinelle digitali, ma soprattutto educhino al dialogo e al rispetto. Il primo edifica la civiltà, il secondo la riempie di contenuti.