Nella giornata mondiale per la pace  Papa Francesco ricorda l’appello ‘In piedi costruttori di pace’, lanciato da don Tonino Bello nel 1989.

In questi primi giorni dell’anno  nella fitta rete social  hanno risposto all’appello gli “artigiani”, cioè coloro che ogni giorno diffondono una cultura di pace a partire dal loro cuore, e  gli “architetti”, vale a dire uomini e donne delle diverse istituzioni della società, che a livello nazionale e internazionale possono dare forma a una progettualità in cui il nome nuovo della pace si coniughi ancora con quelli dello sviluppo, della giustizia, della solidarietà, della cura dell’ambiente. Un impressionante tam – tam che ha coinvolto migliaia di persone in un crescendo entusiasmante.

Artigiani e architetti, uno a fianco all’altro, consapevoli che coloro che coltivano sogni di pace, e che nel dialogo quotidiano la testimoniano, non possono fare a meno di guardare alla politica per organizzare la speranza; né la politica e l’economia possono progettare il futuro senza uno sguardo attento alla complessità del terreno su cui stanno edificando e senza il dialogo con quelle istanze locali nelle quali sono presenti «un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa» (Laudato si’, n. 179).

Il Messaggio di Papa Francesco per la cinquantacinquesima Giornata mondiale della Pace propone ad  “artigiani’ e ‘architetti”  il discernimento su come si può nutrire l’impegno sociale, economico e politico dei credenti e di tutti gli uomini di buona volontà. Anzitutto  riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita mentre viviamo rigurgiti di antisemitismo e di nazionalismo. Educare alla pace  nelle scuole contando sull’enorme schiera di docenti e personale scolastico e di quanti in vari modi promuovono cultura per diffondere conoscenza e creare dialogo, fornendo antidoti a ogni forma di violenza che si diffonde dove la precarietà di progettualità non ripaga il sogno grande e semplice di chi educa. E qui artigiani e architetti di pace sono chiamati a fare un bilancio sui numeri: quanto si investe in armamenti? Quanto nelle progettualità che educano alla libertà e alla responsabilità.

Artigiani, ma soprattutto architetti della pace, uomini e donne delle istituzioni, sono sollecitati nel nostro Paese a compiere una riflessione sul lavoro e sulla sua precarietà, sull’inaccettabile numero di morti e di uomini e donne posti improvvisamente in cassa integrazione, sulla persistente disoccupazione, sulla piaga dei diritti negati. Certo, non sono evidenti conflitti violenti, come in altri momenti storici del nostro Paese, ma non dimentichiamo che la pace non è solo assenza di guerra e neppure equilibrio tra forze ma edificazione di un ordine secondo giustizia e carità.