L’AQUILA – C’è un Abruzzo “abusivo” che resiste alle ruspe: Strutture, oltre 700 secondo le stime, che non potevano essere costruite e che continuano ed esistere in aree a rischio o dal valore ambientale.
Dal 2004, anno dell’ultimo condono edilizio, ad oggi in Abruzzo risultano eseguite 259 ordinanze di demolizione, su un totale di 983 provvedimenti emessi e, quindi, di casi accertati.
I dati regionali sono contenuti nel rapporto “Abbatti l’abuso – I numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani”, presentato a settembre scorso da Legambiente nazionale.
L’indagine conferma come, anche in Abruzzo, vi sia una “sostanziale inerzia” di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. Delle 724 strutture per cui è stata emessa ordinanza di demolizione, solo per 27, cioè il 3,7%, è stata formalizzata l’ acquisizione nel patrimonio pubblico.
La legge, infatti, prevede che se il proprietario di un immobile abusivo non rispetta l’ ingiunzione alla demolizione entro 90 giorni, lo stesso viene automaticamente acquisito al patrimonio immobiliare pubblico, inclusa l’area di sedime per un’estensione massima di dieci volte la superficie dell’abuso. Altri dati sull’Abruzzo sono reperibili sul portale “No Ecomafia” di Legambiente.
Per quanto riguarda il ‘ciclo illegale del cemento’, a livello regionale, nel 2017, si registrano 99 infrazioni accertate, 97 denunce e 23 sequestri. I numeri sono stati elaborati dall’associazione ambientalista su dati, relativi al 2017, forniti dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di Porto.
A livello territoriale, in testa alla classifica c’è L’Aquila, con 51 infrazioni accertate, pari all’1,3% del totale nazionale, 41 denunce e cinque sequestri; seguono Teramo (19 infrazioni, 0,5%, 24 denunce, un sequestro), Pescara (17, 0,4%, 16, 12) e Chieti (12, 0,3%, 16, 5).