A rendere ancora più torrida e asfissiante la cappa con cui questa estate ci opprime, ci pensa l’ennesimo attacco catto-fascista alla libertà di scelta delle donne, sancita con la Legge 194 sul diritto di aborto.
Nei giorni scorsi, infatti, Fratelli d’Italia Abruzzo ha presentato una proposta di legge regionale in tema di “Riconoscimenti e tutela del diritto alla sepoltura dei bambini mai nati”.
Questo diritto è già presente nella legislazione italiana (D.P.R. 1990 n. 285, “Regolamento nazionale di polizia mortuaria”), e prevede che sia facoltativo e a discrezione della donna e dei familiari qualora la gravidanza venga interrotta prima delle 20 settimane.
La proposta di legge in questione prevede che il diritto alla sepoltura dei bambini mai nati entro le 28 settimane sia esercitato dalle aziende sanitarie locali, a carico del bilancio regionale, anche quando non vi sia espressa richiesta da parte dei genitori.
In questo modo si aggira la norma generale e, soprattutto, si ledono la libertà di scelta e l’autodeterminazione individuale della donna e della sua famiglia.
Scrivere all’interno di un provvedimento normativo, cosa che lascia alquanto sbigottiti, un discorso pregno di morale cattolica per la quale un aborto è sempre un evento traumatico per la donna che lo subisce e non una libera scelta della donna che lo pratica, si confondono, volontariamente e strumentalmente, lo Stato e la religione, l’aborto spontaneo nel corso di una gravidanza desiderata con l’aborto volontario.
Non spetta a nessuno esprimere giudizi su una libera scelta, di volta in volta conseguenza delle più varie e non sindacabili motivazioni. A maggior ragione, non è ammissibile che un giudizio di condanna morale venga inserito all’interno di una norma giuridica di qualunque rango, appellabile proprio contro la 194.
Il cimitero dei feti rientra nella strategia adottata dal cattolicesimo oltranzista e bigotto che, attraverso la vergogna e lo stigma sociale, punta a instillare nelle donne il senso di colpa.
Questa strategia è, da sempre, avallata e condivisa dalla destra più radicale e conservatrice, dai fascisti nostalgici e dai leghisti, con l’intento di guadagnare qualche voto dagli elettori cattolici.
Nelle città in cui sono stati creati questi cimiteri, è stata posta una croce con incisi il nome del “mai nato” ed il nome e cognome della madre, ledendo la privacy della donna che ha subito/praticato un aborto, inchiodandola, così, alla responsabilità di quella che, secondo questi moralisti, è la scellerata scelta di uccidere un bambino, svincolandola, magari, dal rapporto di coppia.
Queste croci sono una vera e propria intrusione insensibile, violenta e molesta nella vita privata di una donna, che potrebbe sì essere vissuta come un trauma, a maggior ragione nel caso in cui non ci siano espressa richiesta e consenso alla sepoltura da parte dei genitori.
Un provvedimento del genere invade anche il campo normativo che vede attribuire ai figli naturali, avuti al di fuori del vincolo matrimoniale o di unione civile, il cognome del padre. Un provvedimento di civiltà, anche questo ottenuto dopo anni di lotte, per eliminare l’assurda distinzione tra figli legittimi e illegittimi.
In questo senso emerge anche la retorica attorno al matrimonio cattolico, con il quale la donna si sottomette al marito prendendone il cognome e trasmettendolo ai figli.
Dunque, il “mai nato” non ha un padre? Non è più vero che i figli sono il frutto dell’amore di una madre e di un padre, di una donna e di un uomo?
A detta dei promotori, questo disegno di legge ha l’obiettivo di promuovere la cultura della vita. Se la vita di una donna conta meno di un embrione; se non hanno alcun valore la sua dignità, la sua volontà e la sua libertà; se vediamo negare costantemente il nostro diritto alla salute con tagli alla sanità che hanno spazzato via la stragrande maggioranza dei consultori, rendendo, di fatto, inaccessibili le cure di cui abbiamo bisogno; se, in Molise, l’unico ginecologo non obiettore è “costretto” a rimandare la pensione per garantire l’interruzione di gravidanza volontaria nell’unica struttura in cui si pratica; a quale cultura della vita si fa riferimento?
Questa proposta di legge, checché ne dica il titolo che porta, non tutela nessuno. Serve solo a stigmatizzare una scelta in modo subdolo dandole una copertura legislativa.
Su quelle croci ci sono sì nomi e cognomi e sono quelli di tutte e tutti noi. Su quelle croci è incisa la fine dei nostri diritti civili.