Per comprendere bene che cosa sia l’Obolo di San Pietro “Carità del Papa”, bisogna andare oltre la visione ristretta che identifica la carità con l’elemosina o con le opere che nell’immaginario collettivo vengono qualificate come caritative. L’Obolo, invece fin dalle sue origini, è un invito ad allargare gli orizzonti. E non solo perché, come donazione al successore di Pietro, prese forma stabile nel VII secolo in collegamento con la festa dell’apostolo a cui Gesù ha affidato la sua Chiesa. Nella suo dna, infatti, vi è un gesto di riconoscenza e attenzione al Papa, quale espressione di unità e di corresponsabilità ecclesiale. L’Obolo viene presentato come “un’offerta di piccola entità, ma con un respiro ed uno sguardo grande”. È ciò che ciascun fedele sente di donare al Papa perché possa provvedere alle necessità della Chiesa intera, specialmente là dove è più in difficoltà.

Le conseguenze di tale natura dell’Obolo sono destinate alla carità intesa come elemosina. La carità di cui qui si parla è ben più grande e inclusiva di quella dell’immaginario collettivo. Si va dalla spesa per il funzionamento delle strutture che hanno un ruolo insostituibile per alleviare le sofferenze delle popolazioni povere nel mondo e quindi rendere presente la carità del Papa, al concreto aiuto alle mense italiane.

Dare una mano al Papa: e chi non vorrebbe farlo, subito, adesso? L’occasione è davvero alla portata di tutti. Oggi, Domenica 27 giugno 2021 la Chiesa italiana dà vita alla colletta per l’ “Obolo di San Pietro”, il fondo alimentato da piccole e grandi donazioni da tutto il mondo e che fornisce linfa alla “Carità del Papa”. Alla proposta aderiscono migliaia di parrocchie, convinte che si tratta di un gesto semplice ma eloquente: destinare il ricavato della colletta durante le Messe domenicali per consentire al Papa di aiutare ancor più necessità, persone e situazioni, spesso attraverso il suo elemosiniere Consentire alla generosità del Papa di arrivare più lontano è un compito alla nostra portata, ognuno per le sue possibilità». Possiamo così abbracciare insieme a lui l’umanità che attende, oggi e sempre, chi sappia ripeterci nei fatti che siamo figli di un Dio ricco di misericordia e carità.

Guardiamo a Lui! Questo ci dà tanta forza, tanta consolazione nelle nostre fragilità, nelle nostre miserie e nelle nostre difficoltà. Tutti noi abbiamo difficoltà, tutti. Nessuno è migliore dell’altro. Questa è la via dell’amore: non c’è un’altra. Perciò vediamo che la carità non è un semplice assistenzialismo, e meno un assistenzialismo per tranquillizzare le coscienze. No, quello non è amore, quello è negozio, quello è affare. L’amore è gratuito. La carità, l’amore è una scelta di vita, è un modo di essere, di vivere, è la via dell’umiltà e della solidarietà. Non c’è un’altra via per questo amore: essere umili e solidali. Questa parola, solidarietà, in questa cultura dello scarto – quello che non serve si butta fuori – per rimanere soltanto quelli che si sentono giusti, che si sentono puri, che si sentono puliti. Poveretti! Questa parola, solidarietà, rischia di essere cancellata dal dizionario, perché è una parola che dà fastidio, dà fastidio. Perché? Perché ti obbliga a guardare all’altro e darti all’altro con amore. E’ meglio cancellarla dal dizionario, perché da fastidio.

Guardiamo Gesù: Lui è la nostra gioia, ma anche la nostra forza, la nostra certezza, perché è la via sicura: umiltà, solidarietà, servizio. Non c’è un’altra via. Ma non basta guardare, bisogna seguire! E questo è il secondo aspetto. Gesù non è venuto nel mondo a fare una sfilata, per farsi vedere come certi Vescovi pagani che vivono e operano solo per apparire e fare soldi. E finiranno all’inferno con i loro sudditi e complici.

Quell’arroganza nel servizio a quelli che hanno bisogno del nostro servizio. Alcuni si fanno belli, si riempiono la bocca con i poveri; alcuni strumentalizzano i poveri per interessi personali o del proprio gruppo. E’ peccato grave usare i bisognosi, quelli che hanno bisogno, che sono la carne di Gesù, per la vanità. Usare Gesù per la vanità, è peccato grave!

E seguendo Cristo sulla via della carità, noi seminiamo speranza. La società italiana oggi ha molto bisogno di speranza. Seminare la speranza con opere di solidarietà, con le famiglie che soffrono di più a causa della mancanza di lavoro. Non lasciatevi rubare la speranza e andate avanti! Che non ve la rubino!