Seguendo con lo sguardo la dorsale appenninica verso sud, arrivati più o meno all’incrocio tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, si vede l’appennino frammentarsi in una serie di catene, un arcipelago di gruppi montuosi che formano il cuore roccioso dell’Italia Centrale. A nord e a oriente i più noti Monti Sibillini, della Laga, il massiccio del Gran Sasso e quello della Majella, con vette importanti, mete di escursioni e ascensioni famose e molto frequentate. Più a sud il Gruppo del Sirente-Velino, i Monti della Duchessa e gli Ernici. Luoghi bellissimi. Incantati. Nomi non proprio centrali nella letteratura di montagna, con versanti talvolta brulli, pietrosi, eppure dotati di una bellezza primitiva, plasmati dalla pastorizia transumante e abitati fin da epoche lontanissime. Luoghi dove la natura – tutelata dal 1989 con l’istituzione del Parco naturale regionale Sirente-Velino – fa ancora sentire, potente, la sua voce.

Qui la tradizione si respira ancora forte. Nei primi anni Venti il pescasserolese Benedetto Croce, filosofo e poi senatore, promosse la prima legge italiana di tutela del paesaggio. Erminio Sipari, suo cugino, fu il primo presidente del Parco nazionale d’Abruzzo (allora si chiamava soltanto così) e capì subito che in Italia un’area protetta doveva includere i centri abitati e portare lavoro e ricchezza, non essere solo un’area di wilderness come negli Usa. Così promosse la realizzazione di sentieri, fece costruire rifugi, si occupò degli alberghi e dell’accessibilità quando ancora il termine “turismo” era di là da venire. Oggi il più antico parco dell’Appennino Centrale è una magnifica area verde che ospita una cinquantina di orsi e da cui è partita la salvezza di specie-simbolo come il camoscio appenninico e il lupo. Che sia dunque lungo le alte creste del Velino e del Sirente, o nelle faggete e nelle valli del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, le occasioni non mancano per chi voglia camminare o arrampicare in questa parte d’Italia.

Ora, la giunta Marsilio, ha dato il  via libera alla legge regionale che impone la revisione dei confini del parco Velino Sirente. Un taglio pesantissimo di  8 mila ettari con una legge che ignora i presupposti ed il valori di un Parco:  la tutela e la conservazione.

Alla fine, dai e dai, nonostante la pioggia di critiche degli ambientalisti le lobby dei cementificatori e dei cacciatori sono riuscite a ottenere la riperimetrazione del parco Sirente Velino in Abruzzo. Ben oltre i tentativi precedenti. Quelle aree rappresentano obiettivi di sicuro interesse per iniziative speculative e anche investimenti della criminalità organizzata.  Il Presidente Marsilio catapultato da Roma da Giorgia Meloni passerà  per questo voto alla storia ?

Il taglio del parco del Sirente-Velino per migliaia di ettari porta con sé un grave errore di fondo da parte della Regione Abruzzo, quello della rispondenza alle norme europee sulla conservazione di specie e habitat che richiedono di migliorare e aumentare le tutele e non certo di diminuirle. La Regione in questi mesi ha ripetuto fino alla sfinimento: le aree escluse dal parco resteranno comunque zona di protezione speciale (Zps) di carattere europeo. Primo errore di carattere concettuale: allora non è vero che sono aree di minore importanza, come hanno cercato di sostenere allo stesso tempo! Questa illogicità da sola smonta l’operazione che riduce le tutele per queste aree. Arriviamo quindi al paradosso che questi siti di riproduzione di specie rare a livello europeo, come l’aquila reale, il lanario, il falco pellegrino, non avranno più protezione

Più di 120mila firme. Fulco Pratesi, 70 persone di spicco nel mondo della scienza e della cultura, professori e rettori universitari, ricercatori, giornalisti, scrittori, personalità accademiche e del mondo della cultura nazionale e abruzzese tra le più note, hanno fatto sentire la propria voce per il Sirente Velino sottolineando il valore non solo conservazionistico dell’area protetta, ma culturale, storico ed economico, ed è un richiamo alla tutela della bellezza e del valore della nostra terra. Un Parco è un bene di tutti, un patrimonio di tutti e come tale va pensato e difeso, garantendo la tutela del paesaggio e di chi lo abita. Appare del resto veramente sconcertante che si continui a progettare tagli del Parco proprio mentre studi ed esperienze a ogni livello indicano le aree protette ben gestite come un sicuro volano per l’economia dei territori.