Altro che Augusto ai fori romani.  Altro che Massimo Decimo Meridio al colosseo . A Teramo è tripudio. Ci sono le ancelle. Ci sono i tribuni. E’ festa. L’avvocato fogteramano Giandonato Morra è il nuovo difensore civico regionale. Il “ Gramsci nero” è stato nominato nell’ultimo giorno utile – che bello non è –vincendo le resistenze della Lega che aveva indicato Benigno “sempre in piedi” D’Orazio. Ovviamente dopo un’attenta valutazione dei profili bla bla bla.

La verità è che Morra ha dato, è giusto che oggi prenda dalla politica. Dal 1979, quando si presentò all’improvviso in una rissa sulle scale della vecchia università di Teramo in via Crucioli . Una di quelle che ad ottobre, tutti gli anni, per anni, immancabili, aprivano l’anno scolastico. , ci mette la faccia, è stato amministratore regionale, è un professionista, è un avvocato stimato con una lunga esperienza amministrativa di respiro regionale potrà svolgere in maniera eccellente il proprio compito quale garante dei diritti dei cittadini, operando la giusta mediazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni. E Pietro Quaresimale, che è amico, collega e persona perbene si è chiesto “cui prodest?”, e non se l’è sentita di fare Bruto, anche se D’Orazio gli sarebbe stato più utile per andare dove Quaresimale vuole andare.

Poi Morrà è bravo. Giandonato è forte. Giandonato è pure bello. A Teramo è tripudio. Morra piace a tutti. E’ corretto, educato, Tutto bene quel che finisce bene. In realtà è sempre stato così da 40 e più anni. E’ sempre stato uno di quelli che da ragazzo mi piaceva definire “rivoluzionari con la giacca” per contrapporli a noi, quelli cattivi, “con il maglione di lana”. Morra, anche con la giacca, anche quando Rauti e Alemanno erano perdenti, è sempre stato espressione di una destra sociale, colta e passionale, politico autentico, interprete di percorsi culturali moderni e illuminati. Oggi è facile.  Ma nel 1994 mentre molte merde missine salirono sul carro armato del puttaniere, satrapo, pluricondannato, lui rimase al suo posto. Scavalcato da loschi, mezze figure, viscidi servi, e personaggetti infimi , che con la destra non avevano nulla a che fare.  Anzi che non hanno a che fare con la dignità che va sempre conservata. E infatti sono tornati nel buio da dove venivano.

Tra tanti Morra lo ricordo perché è stato uno di quelli che ha provato a dare alla politica almeno un pò di anima. Lo ricordo – devo averlo già scritto – all’incontro che organizzai con Rauti per lanciare il quindicinale “Linea”, che nasceva dal gruppo rautiano “Linea futura”, che spaziava dall’ecologia all’analisi della crisi del sistema, della globalizzazione, ma soprattutto proponeva una linea di inserimento nella società civile e la riscoperta delle origini di sinistra del fascismo. Con tutta l’identità di destra nobile, anti sistema, onesta.

Ma l’intuizione dello “sfondamento a sinistra”, lo schema della destra sociale, di penetrazione nei certi popolari o comunque più esposti ai venti della crisi, cui oggi si ispira Salvini, non furono colti. Molti giovani si ritirarono nel più riposto privato come ultima, disperata, ridotta difensiva.  Morra no.

Ho perso Morra per anni, per ritrovarlo in consiglio comunale, all’opposizione del Sindaco Sperandio. Ricordo le simpatiche battute, sul fil di fioretto, incomprensibili ai più, utilizzando Evola, Drieu La Rochelle, Nietzsche, parole non comprensibili ai nipoti della democrazia cristiana corrotta, ai seguaci del puttaniere, ai magnaccia che faceva politica per rubare, ai badogliani di Alleanza Nazionale che a Rauti preferirono un certo Fini, che fu eletto segretario facendo mettere in giro notizie false e diffamatorie si Enzo Trantino che doveva essere il vero successore di Almirante, poi rubò la prima moglie – Daniela Di Sotto, ad un camerata in carcere Sergio Mariani – per poi unirsi in seconde nozze a Elisabetta Tulliani. E da lì  un rinvio a giudizio per riciclaggio e tutta la penosa vicenda “Montecarlo”.

Siccome le radici profonde non gelano Morra da uomo di apparato ha speso le sue fatiche e le sue energie. Come per tutti, si possono non condividere le scelte del suo impegno politico ma non si può non rendere omaggio ad un professionista che, sfidando l’emarginazione, ha tenuto viva la testimonianza di una politica fatta per e con passione. Coerente con l’etica professata, con i contenuti spirituali e più nobili del vivere.

Per questo, e in forza di questo, questa nomina non mi convince. A settembre Fratelli d’Italia diventerà il primo partito italiano. A febbraio Draghi si dimetterà e andrà a fare il Presidente della Repubblica. A Marzo si tornerà a votare. Io credo che questa nomina, questa generosità, questo riconoscimento, non sia nell’ottica della campagna acquisti di Marsilio. Ma invece sia un tipico “promoveatur ut amoveatur”  . Una bella promozione, ben pagata, un bell’incarico, prestigioso. Per togliere di mezzo il candidato naturale al parlamento dove i “Fratelli” avranno il diritto di nominare e far eleggere in automatico qualcuno. Uno forte. Uno conosciuto. Soprattutto alla luce del nuovo sistema elettorale che ha smembrato l’ex collegio di Teramo.

Chi è questo “uno”  a cui Marsilio cerca di tirare la volata ? Pensateci. Non è difficile. Oramai la politica è questa. Il popolo guardone, passivo, e colluso lo merito. Non importa. Ci sarà sempre chi continuerà a guardare l’orizzonte. Ricordandosi sempre che le radici profonde non gelano.