Conosco bene quei luoghi d’incanto. Dal Piazzale Lido di Stresa, in riva al lago di fronte all’Isola Bella, parte la Funivia Stresa Mottarone che, in 20 minuti, raggiunge quota 1500 metri s.l.m.. E da li ammirare lo stupefacente panorama che consente di spaziare a 360° dalla Pianura Padana alle cime delle Alpi, dalla vetta del Monte Rosa alla vista dei sette Laghi. Il Mottarone, situato tra il Lago Maggiore ed il Lago d’Orta, è considerato uno dei balconi naturali più belli d’Italia. Se amate la natura, se immaginate paesaggi fantastici, la cabinovia poteva regalarveli.

E’ crollata domenica alle 13. Arrivata nel punto più alto è caduta. Le questioni tecniche competono ad altri . So solo che la cabinovia si è staccata. E’ rotolata a valle, finendo la corsa contro gli alberi. Un botto pazzesco, poi tutto è diventato silenzio.

Ora il Re è nudo. Non posso esimermi dal cogliere il messaggio e il significato di questa tragedia tutta italica. Come ogni disastro anche questo porta con sé, sempre, qualcosa di simbolico. E’ un segno della decadenza dell’Italia. Quella cabinovia che si inerpica in luoghi magici e impenetrabili fu opera d’ingegno, fu studiata come sintesi del perfetto equilibrio tra ingegneria e natura, portatrice anche di un segno paesaggistico di qualità. Acclamata come opera simbolo. La Procura della Repubblica, per fortuna, non accerterà le cause morali di questo crollo, cause che sono da ricercarsi nell’incuria e nella sciatteria di un’Italia incapace di tutelare i propri simboli, incapace di avere una visione e di fare delle scelte coraggiose a tutela del proprio territorio. La cabinovia di Stresa non doveva crollare, proprio perché simbolo della migliore Italia . Ed è diventata simbolo di un Paese in cui la manutenzione – non è oggetto di valutazione economica: occorre andare oltre!

Ancora una volta ci siamo dimostrati non all’altezza di quell’Italia del passato, forse imperfetta, ma certamente determinata a rispondere alle esigenze di benessere e sviluppo della propria nazione. Un paese che perde trent’anni – vedi Tav – per decidere se realizzare un’opera la cui esecuzione ne richiede cinque, è un paese destinato a restare indietro, a soccombere di fronte al decisionismo e alla competenza di paesi che analizzano, decidono e agiscono.

Come dicevo questo disastro, porta con sé sempre qualcosa di simbolico si pone in maniera evidente come l’emblema di questa Italia decadente. Simbolo, emblema e monito di un Italia inconcludente, mediocre, fatta di chiacchiere e distintivo, di sceriffi con le pistole ad acqua, d’incompetenze diffuse e osannate, di assenza di visione e strategie. Ogni giorno in Italia, a causa di questi mali, abbiamo sintomi di decadenza diffusa in tutto il paese, abbiamo spiagge che si erodono, strade che crollano, autobus che bruciano, posti di lavoro che si perdono, insegnanti dileggiati dagli alunni, presenze turistiche che crollano, crisi di settori una volta trainanti, una decadenza inarrestabile e in ogni campo. E così mi vengono in mente le parole di John Donne quando scriveva “non chiedere mai per chi suona la campana, la campana suona sempre e anche per te”.

Le vittime innocenti di quel crollo lasciano un monito per noi tutti, che abbiamo perso la creatività, la competenza, il coraggio, l’orgoglio, la conoscenza, la visione e la determinazione dei nostri padri. Abbiamo tutti un Paese da rigenerare, da ricostruire, torniamo a guardare all’esempio dei nostri padri, all’esempio della migliore Italia, quella geniale, visionaria e coraggiosa, che da anni abbiamo trascurato e perso un po’ di vista.

Tutti si concentreranno sul bla bla bla mediatico. Ma tranquilli, fra una settimana tornerà tutto come prima. I giornali torneranno a parlare di Cristiano  Ronaldo. La colpa sarà individuata, ma i processi dureranno anni e nessuno finirà in galera.